Non è sintetica: è biologica. Nel mondo ci hanno già investito 150 aziende, ma la ricerca deve ancora concludere il suo percorso. Oggi un hamburgher costerebbe 375.000 dollari, ma tra 7 anni pochi centesimi
di Alberto Vito
In Italia, con l’approvazione di un decreto avvenuta a dicembre 2023, è stato posto il divieto di produzione e di vendita di carni coltivate (impropriamente definite anche sintetiche). Si tratta di carni prodotte in laboratorio a partire da cellule staminali animali estratte in modo indolore mediante biopsia e successivamente messe a proliferare in mezzi di coltura ricordanti, secondo alcuni esperti, i metodi di fermentazione usati nella produzione della birra. Il mezzo di coltura ideale deve fornire nutrienti, ormoni e fattori di crescita, come avviene in natura, incluse proteine cruciali per stimolare la differenziazione cellulare. Questa normativa è stata sostenuta prevalentemente dal Governo e appoggiata dalla Coldiretti, secondo cui il divieto è a difesa del nostrano cibo sano e genuino, timorosi oltretutto che l’introduzione della carne coltivata possa provocare disoccupazione. E’ opportuno ricordare come la legge nazionale debba avere l’approvazione della Commissione Europea, il cui parere riguardante la conformità delle regole del mercato unico giungerà nelle prossime settimane. Secondo alcuni non è scontato il via libera europeo, in quanto la nostra normativa vieta qualcosa che ancora non è stato autorizzato nel continente e inoltre potrebbe ostacolare gli scambi commerciali nei Paesi. Se in Europa fosse autorizzata la ricerca scientifica in tale ambito, l’Italia dovrebbe obbligatoriamente adeguarsi. Tra i fautori dell’utilità sul proseguire gli studi, la ricercatrice e senatrice a vita Elena Cattaneo, secondo la quale le decisioni dovrebbero essere prese a partire dall’evidenze scientifiche: è errata la scelta “ideologica” di impedire sperimentazioni in un ambito di ricerca (ricevente finanziamenti istituzionali in Paesi come gli Stati Uniti e Israele) e con prospettive innovative molto promettenti. Nel 2022 sono state ben 150 le aziende mondiali che hanno investito in tale settore.
Evitando alcuni mali tipicamente nostrani, andrebbe evitata una discussione manichea tra buono e cattivo, sano e sintetico, senza farci condizionare dai pregiudizi antiscienza sempre presenti. Già la definizione predominante di “sintetico” è impropria in quanto si tratta di carne biologica, ottenuta senza macellare animali. Inoltre tutte le scoperte scientifiche, da quelle del passato sino alle più recenti, possono essere potenzialmente pericolose, ma questo non è stato motivo di divieto. A parte che la carne coltivata sarebbe un’alternativa alla carne tradizionale che continuerebbe ad essere prodotta, magari in minori quantitativi. Sembra che il gusto sia sostanzialmente simile, potrebbe essere perfino dosata la quantità di grassi, ma certamente non sarebbe possibile mangiare carne attigua agli ossicini, come avviene ad esempio con il pollo. E’ vero che attualmente la carne coltivata sarebbe molto costosa: il primo hamburger è stato presentato a Londra nel 2013 ed è costato circa 375.000, ma secondo i ricercatori, se fosse avviata una produzione industriale, nel 2030 il prezzo per mezzo chilo di carne scenderebbe a pochi dollari.
Per i fautori della ricerca, la carne coltivata consentirebbe di ridurre l’impatto ambientale della produzione di carne, notoriamente assai impegnativa in termini di risorse, occupando ampie porzioni di terra, richiedente enormi quantità di acqua e contribuirebbe significativamente alla riduzione delle emissioni di gas serra, oltre che di antibiotici. In effetti, i veri benefici ambientali dipenderanno da come saranno utilizzati i terreni da pascolo liberati dalla produzione di carne. In linea teorica, potrebbe esserci perfino un aumento delle nocive emissioni di CO2. Quello che è certo, è la cessazione di pratiche di allevamento intensivo con la necessità di sacrificare animali su larga scala, eliminando anche i problemi etici legati alla produzione convenzionale, evitando la macellazione e la sofferenza degli animali, spesso stipati in gabbie superaffollate.
Secondo dati del National Geographic si stima che a livello globale ogni anno vengono macellati 70 miliardi di animali terrestri a scopo alimentare, di cui la stragrande maggioranza è rappresentata dal pollame (45 miliardi). L’80% delle scrofe allevate per la produzione di carne suina negli Stati Uniti vivono per tutta la vita in gabbie di gestazione talmente piccole che gli animali non riescono nemmeno a rigirarsi.
Questo, insieme ai fattori ambientali, mi sembra il motivo principale per evitare un no pregiudiziale alla carne coltivata: la possibilità di ridurre il numero di animali macellati, ammassati in strutture orribili, sgozzati, uccisi con scosse elettriche, decapitati, dissanguati, fatti a pezzi e confezionati.
Rammento che anche nella cultura occidentale la questione è stata posta da tempo e già Ovidio, facendo parlare Pitagora nel libro della Metamorfosi, ammoniva gli umani dallo scannare animali per cibarsene e decantava cereali, frutti e verdure deliziose.
Alla luce delle evidenze disponibili ad oggi, sostanzialmente ancora scarse e contrastanti, appare sensato concludere che sia necessaria ulteriore ricerca scientifica per definire se la carne coltivata potrà essere considerata un valido tentativo per migliorare la salute dei consumatori e allo stesso tempo la sostenibilità ambientale. La tematica resta comunque complessa e va verificato se tale carne è effettivamente sicura per la salute umana. Per garantire il benessere nostro e del pianeta bisognerà puntare ad un equilibrio tra tanti fattori, come la promozione di una corretta allocazione dei terreni destinati al pascolo e al foraggio, la sensibilizzazione dei consumatori alla riduzione del consumo di carne e l’incremento delle sue fonti alternative.
Alberto Vito
Psicologo, Psicoterapeuta familiare, Sociologo. Dirige l’UOSD di Psicologia Clinica degli Ospedali dei Colli di Napoli. Didatta della Scuola Romana di Psicoterapia Familiare. E’ stato Giudice Onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli.
Autore di diversi volumi, di cui l’ultimo è 88 Divagazioni. Psicologia, ricordi e altri pensieri, edito da La Valle del Tempo (2023).