Oggi è la giornata mondiale della salute. Vi raccontiamo un eccezionale esempio di etica, il rivoluzionario chirurgo che ha salvato 45 milioni di vite
di Luca Serafini
Conosceva perfettamente ogni fiore e ogni pianta nei loro nomi originali latini. Piantava orti ovunque lavorasse o vivesse, in ospedale o a casa. Cucinava agli ospiti baccalà alla livornese o ragù alla bolognese, il suo unico svago era ascoltare dischi di Toscanini o andare a teatro per concerti di musica italiana. Il suo secondo nome fu probabilmente un errore dell’impiegato il 12 luglio del 1923, quando René Geronimo fu registrato all’anagrafe di La Plata: suo nonno, emigrato a fine ‘800 da Salina (l’isola delle Eolie famosa per “Il postino” e perché dimora di Pablo Neruda) in realtà si chiamava Girolamo. Di italiano comunque restava il cognome, Favaloro, origine rigorosamente siciliana: tristemente famoso per gli sbarchi dei profughi, oggi, il molo Favaloro di Lampedusa che niente ha che vedere con quella famiglia comunque.
René crebbe con i nonni in casa, imparando così l’italiano, la cucina italiana, la musica italiana, ma apprendendo soprattutto la grandiosa manualità che lo avrebbe accompagnato nella carriera medica, grazie al padre falegname e alla mamma sarta: “Nu bravu dutturi ava essiri n’bravu falignami”, gli ripeteva nonno Girolamo. Un bravo dottore deve essere un bravo falegname.
Il Maradona del cuore
Filantropo idealista e democratico, contrario ai regimi, alle dittature e alle repressioni, da studente subisce arresti e pestaggi dalla Polizia per le sue idee di giustizia sociale. Si laurea a pieni voti al Colegio Nacional Universidad de La Plata, dove sogna di iniziare il suo percorso lavorativo, ma un documento di ammissione lo obbliga ad aderire al regime peronista e René si rifiuta di sottoscriverlo.
Uno zio lo chiama nel minuscolo borgo di Jacinto Arauz, nel cuore della Pampa, dove il medico di campagna è ammalato: dovrà sostituirlo per qualche settimana. Vi si fermerà 12 anni, creando (sin dai primi mesi) un comprensorio medico straordinariamente moderno ed efficiente.
Nel 1962 un suo anziano professore universitario ne favorisce il trasferimento negli Stati Uniti alla Cleveland Clinic, ancora oggi una delle più rinomate nel mondo per la cardiochirurgia. Durante la sua intensissima attività come specializzando, prosegue negli studi e affina la tecnica che lo porterà ad essere, nel 1967, il primo cardiochirurgo della storia a impiantare il bypass aortocoronarico, per il quale – tra le centinaia di altre onorificenze – riceverà la nomina per il premio Nobel.
Nel 1970, rinunciando a offerte fino a 2 milioni di dollari all’anno per trattenersi negli Stati Uniti, torna a Buenos Aires per realizzare il suo sogno più grande: creare la Fondazione Favaloro, clinica universitaria autosufficiente a disposizione del popolo, ancora oggi la più rinomata del Sudamerica.
Membro attivo nei comitati di ricerca dei desaparecidos, in aiuto e sostegno delle famiglie delle migliaia di scomparsi durante la sanguinosa dittatura dal 1976 al 1983, la sua filantropia viene messa a dura prova dal clima politico ed economico argentino, che negli anni finiscono per soffocare la Fondazione tra tagli dei finanziamenti pubblici e privati, mancati pagamenti da parte di enti, sindacati, assicurazioni e una crescente depressione economica del Paese.
In ginocchio per i debiti che lo costringono a disfarsi di tutte le sue proprietà personali, abbandonato e tradito da molti amici, il 29 luglio del 2000 si toglie la vita con un colpo di pistola al cuore. Al cuore…
A seguito di questo gesto clamoroso, che suscita un’eco enorme in America Latina e negli Stati Uniti, il governo argentino decide di tagliare i debiti della Fondazione e di riconoscere i crediti, accogliendo post mortem le suplliche “da mendicante” che Favaloro aveva rivolto disperatamente negli ultimi mesi della sua vita.
Un’eredità straordinaria
La Fondazione Favaloro, istituzione senza scopo di lucro e autogestita, ogni anno genera 2.000 fonti di lavoro dirette e 2.000 indirette.
Ogni anno effettua:
210.000 visite ambulatoriali
15.000 ricoveri
2.000 trapianti (cardiaco, polmonare, epatico, renale, intestinale e midollo osseo)
7.000 interventi chirurgici
550.000 studi diagnostici.
L’Università della Fondazione Favaloro ha laureato 23.000 studenti. Ogni anno
pubblica 120 articoli scientifici. La Fondazione è diretta da Roberto René Favaloro, figlio di Juan José (fratello di René e grande ortopedico) e da sua sorella Liliana.
Nel febbraio 2020 il governo e la Banca centrale argentina hanno rilanciato una proposta del 2009: coniare una banconota da 2000 pesos con l’effige di René Geronimo Favaloro, ma gli eredi hanno negato l’autorizzazione: “Avreste dovuto aiutarlo quando era vivo. Non sosterremo questa iniziativa e non parteciperemo in nessun caso alla sua diffusione”.
Per decreto del governo argentino il 12 luglio, data di nascita di René Geronimo Favaloro, è stata istituita la “Giornata nazionale della medicina e della chirurgia nazionale”.
Il romanzo biografico
Per la prima volta mi parlò di lui un suo allievo, il cardiochirurgo Cesare Beghi che da studente universitario lasciò l’Italia per andare a studiare con Favaloro, anziché dirigersi – come di norma facevano le matricole italiane – in Inghilterra o negli Stati Uniti, in particolare. Fu Cesare a chiedermi di raccontarne la storia.
Sono passati 27 mesi dall’uscita della biografia romanzata di René Geronimo Favaloro, “Il cuore di un uomo” (Rizzoli), ma continuo a ricevere inviti in tutta Italia per andare a presentarlo. State sereni, le vendite sono state molto buone senza cambiare i bilanci della casa editrice, né il mio portafoglio, né la mia fama: a 63 anni non si fanno “marchette”, si racconta con orgoglio la vita grandiosa – sconosciuta in Italia – di un argentino eccezionale con sangue siciliano.
E’ questo il motivo per cui qualcuno si imbatte in questa biografia, mi chiama (104 volte in poco più di 2 anni), non perché il libro sia un capolavoro o un best-seller, ma perché dopo 3 anni di lavoro e due viaggi in Argentina ho potuto pubblicare e diffondere un esempio straordinario di etica, valori umani e scientifici che in qualche modo ci appartengono. Anche oggi ho voluto parlare di lui che è entrato nella mia esistenza come un parente, come un amico, rendendomi orgoglioso di aver avuto il privilegio di diffonderne la luce.
Luca Serafini
Dal 1° febbraio 2024 direttore responsabile di Vendemmie, giornalista e scrittore, ha una lunga carriera televisiva alle spalle ed è tuttora opinionista sportivo tra i più apprezzati. Ha pubblicato saggi e romanzi, con “Il cuore di un uomo” (Rizzoli, 2022) ha vinto il premio letterario “Zanibelli Sanofi, la parola che cura”.