Nello Scagliotti, 85 anni, a Camagna nel Monferrato è stato anche sindaco e adesso fa il viticoltore “per parenti e amici, non vendo le mie bottiglie”. Una collezione da oltre 1200 pezzi, alcuni murati (“Un’antica tradizione”) e l’hobby delle sculture con i chiodi antichi
di Luca Serafini
È nato qui il 12 agosto 1940, ha sempre vissuto qui, nel cuore del Monferrato. È stato anche sindaco del paese, Camagna in provincia di Alessandria, nemmeno 500 abitanti: “Potrei prendermi il palazzo comunale per usucapione…”, scherza. I miei genitori erano vignaioli, io sono sempre stato impiegato in Comune: anagrafe, stato civile e concessioni edilizie. Da pensionato ho fatto 10 anni il sindaco, ho trascorso la mia vita in quell’edificio”.
Adesso dedica tutte le giornate alle sue grandi passioni: piccole sculture con grossi chiodi del ‘600 e del ‘700, qualche centinaio di bottiglie di vino ogni anno.
È difficilissimo trovarli. Quando vedo muratori che lavorano sui tetti di case vecchie, ne trovo qualcuno. Mi aiuta molto il passaparola. Un giorno mi chiama una signora: ‘So che cerca chiodi antichi, ho ristrutturato una casa antica sopra St. Vincent, ne ho qualcuno da darle’. Come fa a saperlo? le chiedo. Mi risponde: ‘L’ho vista al Tg3’. Ogni tanto qualcuno mi cerca, intervista, come adesso ‘Vendemmie’. Ma sai come li trovo anche, questi benedetti chiodi? Qualche volta la mattina li trovo fuori dalla porta. Ultimamente mi hanno lasciato un bel chiodone: ho una telecamerina sopra la porta, ho visto che a regalarmelo e lasciarlo sullo zerbino è stato il mio dottore. Gli avevo fatto un crocifisso per sua figlia e lui si è voluto sdebitare”.
Rappresenti soprattutto lo sport.
“In realtà faccio di tutto. Sì, molti soggetti sportivi: ciclismo, ginnastica, tiro con l’arco, calcio, pesca… Ma anche piccoli presepi, per esempio. Di recente un ragazzino di Valenza appassionato di Formula 1, mi ha chiesto una Ferrari: ho lavorato un mese e gliel’ho fatta. Una studentessa della Bocconi vuole una mongolfiera, dovrò pensare a come realizzarla”.
Il suo laboratorio, la sua cantina, è uno spettacolo di cuniculi, archi, nicchie e scaffli. Si chiama Infernot e Nello mi spiega: “Qui a Camagna e nei dintorni il 90% delle case ne ha uno. Iniziarono a costruirli tra la seconda metà del Settecento e i primi dell’Ottocento. Sono stati scavati appositamente per la conservazione del vino imbottigliato, perché qui la temperatura di 12° è costante per tutto l’anno. Il nome Infernot deriva probabilmente dal provenzale, significa ‘prigione angusta’. L’Unesco ora li ha dichiarati patrimonio dell’umanità. E pensare che fino agli anni ’40, si usavano anche come frigoriferi per conservare la frutta e la verdura, soprattutto d’estate”.
I genitori vignaioli e adesso tu…
“Sì, ma io produco solo per uso familiare, per amici, per le belle occasioni. Barbera, Freisa, nelle annate buone il bianco Cortese che non sarebbe proprio della nostra zona, è più di Gavi, ma qui un po’ di quell’uva si trova. Non c’è un numero particolare di bottiglie, dipende dalle annate. Ne faccio comunque un solo tipo alla volta, 4/500 bottiglie per i miei generi, le mie figlie, gli amici. Bevo anche io, naturalmente!”
Nel tempo, l’Infernot di Nello è divcentato anche meta per i turisti.
“Vengono moltissimi visitatori dall’estero, scolaresche, universitari, gruppi: in pochi anni da qui sono passate 3500 persone, anche famose. Per esempio il console russo a Genova, il direttore del museo storico, altre personalità: sono venuti persino dagli Usa e dalla Cina. Tengo un libro di ospitalità con dediche e firme da tutto il mondo. Ultimamente mi ha scritto uno dal Sudamerica: mi ha mandato la foto di tutta la famiglia quando hanno stappato insieme la bottiglia che gli avevo regalato qui”.
Non certamente una di quelle antiche…
“No, no di certo! Quella è una tradizione che si sta perdendo, ma io l’ho mantenuta: quando nasceva qualcuno, mettevano via un certo numero di bottiglie in una nicchia che chiudevano, murandola. Scrivevano all’esterno il nome e l’anno, poi se era maschio si aprivano il giorno del 18° compleanno, se era femmina il giorno delle nozze. Si stappava e si brindava. Quando si apriva la nicchia non bisognava mai berle tutte, le bottiglie, ma lasciarne qualcuna per ricordo. Io ne ho 2 di mia mamma del 1915, 3 di mio papà nel 1905. Poi ho quelle delle mie 2 figlie, Silvia (mamma di Lucrezia) e Tiziana, il cui figlio Ettore ha 17 anni e tira di scherma e Lia di 14 anni è tennista. Ettore è stato a gareggiare di recente a Basilea, ai Mondiali under 20: è arrivato 9°, primo degli italiani, adesso è al Cairo. Hanno tutti le loro bottiglie murate…”.
Non certamente una di quelle antiche…
“No, no di certo! Quella è una tradizione che si sta perdendo, ma io l’ho mantenuta: quando nasceva qualcuno, mettevano via un certo numero di bottiglie in una nicchia che chiudevano, murandola. Scrivevano all’esterno il nome e l’anno, poi se era maschio si aprivano il giorno del 18° compleanno, se era femmina il giorno delle nozze. Si stappava e si brindava. Quando si apriva la nicchia non bisognava mai berle tutte, le bottiglie, ma lasciarne qualcuna per ricordo. Io ne ho 2 di mia mamma del 1915, 3 di mio papà nel 1905. Poi ho quelle delle mie 2 figlie, Silvia (mamma di Lucrezia) e Tiziana, il cui figlio Ettore ha 17 anni e tira di scherma e Lia di 14 anni è tennista. Ettore è stato a gareggiare di recente a Basilea, ai Mondiali under 20: è arrivato 9°, primo degli italiani, adesso è al Cairo. Hanno tutti le loro bottiglie murate…”.
A quanto ammonta la tua collezione?
“Nell’Infernot un migliaio, in cantina ne ho circa 250/300 un po’ di tutte le annate. Faccio tutto da solo: pigio l’uva con i piedi, anche mio nipote mi ha aiutato… Il mio novello esce a Pasqua: è praticamente succo d’uva al 100%, completamente naturale”.
Tua moglie Giuseppina è felice per questi hobby?
“Sì, sì, molto, ma brontola per il disordine”.
Luca Serafini
Dal 1° febbraio 2024 direttore responsabile di Vendemmie, giornalista e scrittore, ha una lunga carriera televisiva alle spalle ed è tuttora opinionista sportivo tra i più apprezzati. Ha pubblicato saggi e romanzi, con “Il cuore di un uomo” (Rizzoli, 2022) ha vinto il premio letterario “Zanibelli Sanofi, la parola che cura”.