Il volto nuovo di “Le Culture” ci racconta la sua idea su come cambiare il modo di pensare, bere e raccontare il vino: “La risorsa è il territorio”
di Camilla Rocca
Classe 1987, Veronica Ruggeri è nata e cresciuta a Valdobbiadene, nella terra del Valdobbiadene Prosecco Superiore, da una famiglia di viticoltori. L’infanzia passata tra vigne, campi e chiacchere da osteria, fin da subito con l’amore per il vino e la terra.
Laureata in Relazioni Pubbliche e Pubblicità, in azienda segue la comunicazione, la promozione, l’enoturismo e il marketing estero. Veronica è anche socialmente attiva nelle attività di promozione e valorizzazione del territorio, impegnata nelle diverse associazioni, tra le quali la Pro Loco del suo paese della quale è presidente.
Perché la next generation nel mondo del vino è un tema così forte in questo momento?
La next generation è un tema importante legato a motivi storico-culturali e generazionali. Il mondo del vino è in costante evoluzione per motivi legati ai cambiamenti climatici e del tessuto socioculturale in cui il consumatore determina usi e consumi.
Noi stessi produttori siamo anche consumatori e in quanto tali assorbiamo modo di bere, idee, usi e pensieri di questo cambiamento.
Il vino, però, è anche storia, tradizione e consapevolezza. Soprattutto quando si parla di consapevolezza è fondamentale conoscere il territorio in cui ci si trova, la sua storia e le sue radici per produrre un vino non solo al passo con i tempi, ma anche riflessione della sua identità.
Il modo di percepire il vino oggi è cambiato notevolmente: un tempo per vinificare c’era una sorta di “ricetta” data da grandi enologi, il vino doveva seguire dei canoni ben precisi, era austero, fatto di grandi nomi. Parliamo di epoche, soprattutto nella nostra zona, in cui si partiva da zero, c’era una sapienza contadina ben radicata e l’arte spumantistica era una.
Oggi vogliamo dare più personalità ai vini, vogliamo esaltare piccole particelle, dargli il nostro spessore, la nostra voce, la nostra firma. Togliamo tutto ciò che non è più necessario al vino per cercare la freschezza e la purezza.
I social media hanno influito notevolmente sulla next generation, che a suon di stories, post ed influencers vive un altro aspetto del vino, in cui il produttore racconta, si mostra ed interagisce con il pubblico. La next generation viaggia, studia ed è attenta a come si fa il vino, a chi lo si vende e a come lo si vende.
Sostenibilità nel vino, importa davvero per la Next generation?
Il tema della sostenibilità dovrebbe importare a tutti, i nostri nonni riciclavano tutto, non si buttava via nulla: nel vigneto i tralci servono da compost, il letame come fertilizzante. L’essere contadini ci ha insegnato a non sprecare. La nostra azienda è stata una delle prime in zona ad avere i pannelli solari e pratichiamo il riciclaggio delle acque reflue attraverso un depuratore. In vigneto usiamo prodotti a basso impatto ambientale.
Sono fiduciosa del fatto che i miei figli avranno sempre più consapevolezza rispetto quanto concerne la sostenibilità.
Quanto è importante avere oggi in azienda un volto che racconti il brand?
È fondamentale e necessario per costruire un’identità aziendale forte. Sapere che c’è una persona dietro a un prodotto trasmette sicurezza e in questo modo si riesce a creare un rapporto di fiducia e di fidelizzazione tra la cantina e il cliente.
A Le Colture siamo fortunati perché la nostra è un’azienda familiare e ognuno di noi è parte viva di questa azienda. Viaggiamo spesso per far conoscere il nostro vino e la nostra terra sia in Italia che all’estero, proprio perché il nostro volto è importantissimo. Le persone hanno necessità di umanità e di sentire e vedere chi c’è dietro un vino, ragione per cui affianchiamo spesso i nostri venditori in questo lavoro.
Possiamo dire che tu sei il volto della Next generation della tua cantina?
Probabilmente sì, anche se a volte faccio da portavoce anche per i miei fratelli Alberto e Silvia, che nonostante la differenza di età sono al 100% parte della next generation di Le Colture.
Amo moltissimo raccontare, oltre al vino, anche il nostro territorio: è importantissimo curare ogni aspetto di comunicazione intorno a questo tema perché è parte integrante della storia di ciò che produciamo. Soprattutto in una zona come la nostra dobbiamo impegnarci a far conoscere l’autenticità, l’arte contadina, la storia, perché ogni pietra ha qualcosa da raccontare.
C’è stato qualche scontro generazionale da quando sei entrato in azienda?
Gli scontri ci sono in tutte le famiglie e lavorare insieme non rende di certo le cose più facili!
La nostra azienda si trova a cavallo di tre generazioni diverse: i nostri genitori, i miei fratelli, che hanno dieci e 13 anni in più di me, ed io. Tutti abbiamo a cuore la nostra attività quindi, anche se a volte è difficile relazionarsi, sappiamo che l’obiettivo è il medesimo e rendiamo costruttivi i nostri diversi scambi di opinioni, trovando ognuno il proprio spazio.
Cosa vorresti dire agli altri vignaioli? Un consiglio su come migliorare che noti spesso nei colleghi?
Vorrei invitare i miei colleghi a riscoprire i propri territori e le proprie origini, rispettando i luoghi e avendone cura. Noi vignaioli non facciamo solo vino, ma siamo anche custodi di paesaggio, cultura e storia. I nostri vini parlano di noi e da dove veniamo. Vorrei dire che il mondo del vino è incredibilmente bello ma anche difficile, serve tempo e tenacia. Non avere fretta nei risultati.
Un consiglio che vorrei dare è di essere sempre aperti al confronto. È importantissimo, sia tra colleghi, che commercianti, che nel mondo della comunicazione. Aiuta a crescere in un mondo in costante cambiamento.
Importatori, distributori, commercianti ti hanno considerato meno in quanto giovane e donna? E all’estero?
Si, a volte c’era del timore che non fossi all’altezza della situazione per la mia giovane età e per il mio essere donna, o semplicemente i miei interlocutori si aspettavano un confronto con le generazioni precedenti della mia azienda piuttosto che con me.
Non li biasimo in questo, a volte, sbagliando, trovo anch’io conforto vedendo un volto un po’ più maturo.
Questo l’ho riscontrato di più in Italia, all’estero invece, dove i giovani sono più presenti, anche tra gli importatori e i commercianti, viene meno questo gap della giovane età. L’essere donna, fortunatamente sempre più di rado, mette in difficoltà al primo approccio. Poi, quando si riesce a far percepire la passione e la consapevolezza del proprio ruolo, non ci ferma più nessuno.
Qual è il vino della cantina che meglio rappresenta la next generation?
Credo che l’Incalmo, un vino rifermentato da uve Glera, stia a pennello con questa intervista!
Si tratta di un rifermentato in bottiglia, proposto proprio da me e dai miei fratelli tre vendemmie fa, comunemente chiamato in veneto “colfondo”. È il vino della nostra tradizione, che ancora oggi si trova nei migliori ristoranti ed enoteche. Elegante e gastronomico, è un vino che esalta il nostro vitigno nella sua purezza e vivacità, lasciando una nota velata e pastosa nel bicchiere.
Abbiamo scelto questo nome per il legame tra le radici e la pianta nuova (l’innesto). L’etichetta disegnata da un giovane artista di Valdobbiadene, ne fa da simbolo. L’apertura con tappo corona lo rende un vino del futuro che guarda nel passato.
Camilla Rocca
Una passione per il mondo del vino che parte dalle origini, si è allargata all’enoturismo e ai racconti delle persone, di quei volti, quelle mani, delle storie che sono dietro alla vigna