Paolo Porfidio, curatore di “Wine List Italia”, racconta il suo nuovo progetto: “Bisogna restituire dignità, centralità e voce a questa figura professionale che deve evolversi nella cultura e nella comunicazione. I dealcolati? Un’alternativa, non un nemico. I giovani vanno educati al vino”
di R.V.
Paolo, da anni oltre a crescere nella tua professione, stai lavorando su progetti che mirano a valorizzare la categoria professionale dei sommelier: dal tuo impegno in Aspi a Wine List Italia. In questi giorni hai lanciato un nuovo movimento, “SOMM IS THE FUTURE”: puoi spiegarcelo?
SOMM IS THE FUTURE è il progetto più viscerale che abbia mai creato. Vuol essere coerente con tutto ciò in cui sono già impegnato. Non nasce da un bisogno di visibilità, ma da un’urgenza vera: restituire dignità, centralità e voce alla figura del sommelier. È un movimento culturale aperto a tutti i sommelier professionisti del mondo, a prescindere dalla loro associazione di appartenenza, perché la vera bandiera dev’essere quella della comunicazione del vino di qualità. Il vino non ha confini e nemmeno la sommellerie dovrebbe averne. Chi si riconosce nei valori del manifesto, ne fa già parte. E chi vuole costruire il futuro del vino con rispetto, competenza e passione, è il benvenuto.
Ci racconti qualcosa in più sul manifesto che sarà alla base del progetto?
Il manifesto è il cuore pulsante di SOMM IS THE FUTURE. È un testo collettivo che nasce dal confronto con decine di sommelier professionisti che hanno deciso di aderire. Stiamo delineando non cosa il sommelier è, ma cosa può diventare: interprete, costruttore di cultura, presenza empatica, figura in evoluzione. Il manifesto è una dichiarazione di intenti, ma anche uno specchio: chi ci si riconosce, ne fa già parte. Durante Vinitaly chi ha aderito riceverà un braccialetto nero con la scritta “SOMM IS THE FUTURE”: semplice, ma potente. Sarà il simbolo di chi ha scelto di esserci, in prima linea.
Tutti queste iniziative nascono dall’esigenza di valorizzare il mondo della sommellerie professionale in tutte le sue sfaccettature: come vedi il ruolo della categoria nel futuro del vino?
Lo vedo centrale. E vedo anche una responsabilità enorme sulle nostre spalle. Il vino è cultura, relazione, identità. Ma senza chi lo sa raccontare, diventa muto. Il sommelier del futuro dovrà essere un mediatore culturale, capace di comunicare a diversi livelli: con i clienti, con i produttori, con i giovani. Non possiamo più aspettare che siano gli altri a darci spazio. Dobbiamo prendercelo, con competenza, passione e visione.
“Wine List Italia” è un progetto che sta diventando sempre più importante e quest’anno giungerà alla terza edizione. Già al termine della manifestazione 2024 avete annunciato le date della nuova edizione che si terrà a Milano il 5 ottobre. Quali saranno le novità di quest’anno?
Ogni edizione è più grande, più consapevole e più ambiziosa. Non sveliamo tutto subito, ma posso assicurare che sarà ancora più ricca in contenuti e in qualità. Il 5 ottobre torneremo a Milano con un format sempre più partecipativo: più tasting, più occasioni di confronto, più contenuti editoriali. E quest’anno più che mai, sarà l’occasione per far emergere il valore dei sommelier come “scelti tra i selezionatori”.
Quest’anno l’appuntamento di Wine List Italia raddoppierà con una giornata dedicata alle 100 aziende più selezionate nella giornata di lunedì 6 ottobre. Un evento nato su richiesta delle aziende. Ci racconti meglio?
Esatto. Lunedì 6 ottobre daremo spazio alle 100 aziende più selezionate dalla nostra guida, con un evento esclusivo, pensato per i sommelier, gli operatori, la stampa e i buyer. Sarà un momento di alta qualità, con banchi di degustazione curati nei minimi dettagli, masterclass d’autore e focus centrato su alcuni dei territori più importanti al mondo. Abbiamo voluto ascoltare le aziende che ci chiedevano un’occasione per raccontarsi in un contesto sempre più raccolto, professionale e orientato al dialogo. Stiamo dimostrando negli anni di saper ascoltare il mercato, creando contenuti di spessore, qualcosa di diverso da tutti gli altri, muovendoci con coerenza e credibilità: chi ci segue lo sta apprezzando molto.
Assistiamo a un grave calo sia quantitativo che qualitativo dei professionisti della sala. Questo rischia di mettere in discussione il futuro della ristorazione italiana. Come si può intervenire per rilanciare queste professioni?
Parlandone e vivendole con orgoglio. Raccontandole bene. Investendo su chi ci crede. Non possiamo più permetterci di vendere il sogno della cucina dimenticandoci della sala. Servono contenuti, formazione, riconoscimenti, ma soprattutto serve una narrazione nuova, che restituisca fascino e valore a chi accoglie, accompagna, interpreta. Ed è proprio questo il motore che mi spinge a dedicare anima e corpo alla categoria: non solo per formare nuovi professionisti, ma anche per cambiare il modo in cui la gente ci guarda.
I primi mesi del 2025 hanno fatto registrare un segno meno nei consumi fuori casa. Quanto pensi abbia influito l’erronea comunicazione del codice della strada su questa diminuzione di consumi?
Credo abbia inciso parecchio. La comunicazione è stata confusa, parziale e a tratti allarmistica. Abbiamo bisogno di equilibrio, non di terrorismo. Chi lavora in sala lo vede ogni sera: clienti che rinunciano a un calice per paura, anche quando non sarebbe un problema. La cultura del bere responsabile si costruisce con l’educazione, non con i titoli shock.
Il tuo lavoro quotidiano di Head Sommelier di Terrazza Gallia ti mette quotidianamente a contatto con un target di clienti ad alto potenziale di spesa. Noti un cambiamento anche nei loro consumi?
Sì, non necessariamente in negativo. Gli ospiti sono sempre più attenti, curiosi, consapevoli, ma anche più selettivi. Vogliono esperienze vere, racconti coerenti, scelte ragionate. Il lusso non è più ostentazione: è autenticità. Il sommelier ha un ruolo chiave in questo cambiamento e chi lo sa interpretare può davvero fare la differenza.
Il mondo dei dealcolati: una realtà in cui credi e che vedi in futuro presente nelle carte vini, anche in quelle più blasonate? Vedremo mai un vino dealcolato nelle selezioni di Wine List Italia?
Credo che il mondo dei dealcolati vada capito, studiato e affrontato senza pregiudizi. Non è il nemico, è semplicemente un altro linguaggio. E come tutti i linguaggi, se ben fatto, può trovare spazio. Non so dire oggi se entrerà in “Wine List Italia”, ma so che ci sarà un momento in cui dovremo valutarlo seriamente. Perché fa parte del futuro del consumo. E noi vogliamo restare attuali.
La Gen Z sembra la più propensa ai prodotti No/Low alcol. Come possiamo riavvicinarla al mondo del vino?
Parlando la loro lingua, usando i loro canali e soprattutto ascoltandoli. I giovani non sono disinteressati al vino: sono semplicemente stanchi di come glielo raccontiamo. Hanno bisogno di verità, di esperienze concrete, di storie che non sembrino manuali. Dobbiamo farli entrare nelle cantine, nelle sale, nei dialoghi. Dobbiamo farli sentire parte del racconto, non soltanto spettatori.