Storia, qualità e proprietà del cereale cugino del frumento. Dalla Lombardia alla Calabria alla riscoperta di un alimento nemico dell’obesità, dei tumori e delle malattie cardiache
di Paolo Caruso
L’ostinazione nella ricerca di superfood esotici a volte fa perdere di vista alcuni tesori che appartengono alle nostre tradizioni e alla nostra biodiversità. Fa parte di diritto di questo patrimonio anche la segale, un antico cereale impiegato come alimento a partire dall’età del bronzo (3000-1200 a.C.) in Asia minore.
Le sue caratteristiche botaniche sono simili a quelli del frumento, da cui si distingue per l’assenza delle appendici falciformi che abbracciano il culmo (invece tipiche di grano e orzo).
È un cereale capace di resistere alle bassissime temperature e si presta ottimamente a valorizzare terreni marginali, dove altre colture non potrebbero adattarsi.
In Italia la segale rappresenta una coltura minoritaria. Nelle zone montane, sulle Alpi soprattutto, secondo tradizione (Lombardia, Piemonte, Trentino). Nell’ultimo decennio solo 4200 ettari di terreni sono stati coltivati nel Bel Paese. Con l’inatteso primato della Calabria (1.400 ha), seguita dalla Lombardia (800 ha) (dati ISTAT). E una novità, la riscoperta della sua coltivazione in Sicilia.
Alle falde dell’Etna – nel comune di Nicolosi, una località in provincia di Catania – viene prodotto da secoli il ‘pane nero di Immanu’, realizzato con farina di segale, un alimento molto diffuso soprattutto nel passato in coincidenza dei periodi di carestia.
In questo territorio la famiglia Serafica, ormai da diversi anni, ha ripreso la coltivazione dell’Immanu, una varietà autoctona, che secondo diverse fonti sarebbe stata introdotta nel territorio etneo da monaci benedettini francesi fondatori del locale monastero di San Nicola l’Arena.
Monaci che la coltivarono fino al secondo Dopoguerra, poi purtroppo la coltivazione di questo cereale venne abbandonata.
Andrea Serafica, memore della tradizione locale e voglioso di riprendere a mangiare il pane dei suoi nonni, cominciò a cercare i semi presso anziani agricoltori della zona, fino a quando ne recuperò una quantità sufficiente per ricominciare a riprodurla e coltivarla, grazie a anche alla collaborazione siglata con l’Università di Catania, il Parco dell’Etna ed il Comune di Nicolosi.
Il pane ottenuto dalla segale possiede numerose qualità salutistiche: rispetto al pane di frumento contiene meno proteine e amido, ma presenta un contenuto di fibra, fino a tre volte superiore.
Inoltre la segale è significativamente dotata di elementi minerali, vitamine e composti bioattivi, che ne fanno un prodotto salutistico e funzionale. Diverse ricerche scientifiche testimoniano dell’importanza della presenza di polisaccaridi differenti dall’amido, utili a prevenire malattie cardiache, obesità e tumori.
Inoltre, la segale coltivata sull’Etna, grazie alle caratteristiche uniche conferite dal territorio vulcanico, possiede un profilo aromatico differente da quella coltivata in altre zone, rendendola particolarmente attraente per panificatori di elevato standard o per chef di altissimo prestigio come il tristellato Niko Romito titolare del Ristorante Reale a Castel di Sangro.
Per ottenere poi il necessario riconoscimento istituzionale la famiglia Serafica ha iscritto l’Immanu e i suoi sinonimi Immana, Jermana, Jermanella nel Registro Nazionale delle Varietà da Conservazione – DM di Iscrizione del 20/04/2023 (N. 214336) – G.U.N. 98 del 27/04/2023).
Il ‘pane nero di Immanu’ nel 2012 ha ricevuto la concessione del marchio collettivo De.C.O. (Denominazione Comunale di Origine), ed è così stato iscritto nel registro del Comune di Nicolosi per la tutela e valorizzazione dei prodotti locali.
Un brillante caso di ripresa di tradizione locale e realizzazione di filiere, anche piccole, ma di grande respiro e fascino, nel migliore solco della retro-innovazione.
Paolo Caruso
Creatore del progetto di comunicazione “Foodiverso” (Instagram, LinkedIn, Facebook), Paolo Caruso è agronomo, consulente per il “Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente” dell’Università di Catania e consulente di numerose aziende agroalimentari. È considerato uno dei maggiori esperti di agrobiodiversità