Un tempo tutti facevano il loro vino, ora solo un uomo coraggioso porta avanti la sua sfida
Di Titti Casiello
Dalle acque del Mar Mediterraneo Linosa spunta come un piccolo pugno di terra. A mano a mano che ci si avvicina si colora di giallo, di rossiccio e poi di marrone, sono le cicatrici delle colate laviche che hanno formato l’isola e che oggi tracciano le sue strade interne.
Qui non sai quando arrivi né quando parti, coi collegamenti precari d’estate e fatiscenti d’inverno, ma chi ci è nato non ha alcuna impellenza di andarsene, come Fedele Giardina “l’ho lasciata solo una volta per sette anni”.
Poi è tornato “e da allora non c’è stato un solo giorno che non sono andato in vigna, come faceva mio padre e pure mio nonno”.
Un tempo l’isola era, infatti, tutta verde “ognuno aveva un piccolo appezzamento e faceva il vino per la sua famiglia”, ma il passato, purtroppo, è d’obbligo, perché Fedele oggi è rimasto l’ultimo e anche l’unico viticoltore di Linosa “sono stati i conigli la causa principale dell’abbandono delle vigne, mangiano continuamente le uve”.
Fedele, però, non si è mai dimenticato di quella tradizione agricola fatta di micro-appezzamenti, tutti circondati da piante di ficodindia utilizzate come frangivento, al cui interno si coltivavano ortaggi, legumi (in particolare lenticchie), alberi da frutto e anche la vite.
Di buon’ora allora, una mattina di giugno del 2008 ha preso una delle poche navi che collegano l’isola con la terra ferma e si è diretto verso Palermo, alla sede dell’Istituto Regionale del Vino e dell’Olio (Irvo). In mano una bottiglia del suo passito e sul tavolo la sua proposta: riportare di nuovo il vino a Linosa.
In quello stesso anno 4.000 piante coltivate sull’isola diventano così oggetto di uno studio sperimentale dell’Irvo, il resto dell’opera viene poi completato da Promed, un progetto di cooperazione italo-maltese che in sei anni, dal 2007 al 2013, ha gettato le basi per una nascita vinicola nelle piccole isole del Mediterraneo da Linosa a Pantelleria, da Malta a Gozo.
E nel 2011, finalmente, è nato lo Zibibbo di Linosa prodotto a Marsala nella cantina sperimentale dell’Irvo e imbottigliato a marchio Promed. Fedele ha così potuto portare il suo vino al Vinitaly, poi a Lione “e a tante manifestazioni che abbiamo organizzato per far conoscere l’isola e i suoi vini”.
Con la chiusura del progetto Linosa è riuscita ad ottenere anche nuove quote di vinificazione per la produzione dello Zibibbo e ora Fedele sta cercando di cavarsela da solo “dall’anno scorso ho impiantato un ulteriore ettaro sempre di Zibibbo”.
Così ora ha due primati: unico viticoltore di Linosa e produttore del vino più a sud dell’Italia. Un primato che gli costa, però, caro “sull’isola non c’è escursione termica e il tasso di umidità è molto alto” un ambiente perfetto, per il proliferare della peronospora “che è una minaccia insidiosa, come lo sono ancora pure i conigli e le lucertole che mangiano continuamente gli acini”.
In più, negli ultimi tempi, si è messo anche un altro nemico: la siccità, combattuta da Fedele come meglio può “utilizzo l’acqua del dissalatore comunale e correggo il ph, che è troppo alto, acidificandolo con un po’ di succo di limone”.
Fa tutto a mano e tutto da solo “i miei figli non vogliono fare questo lavoro, loro gestiscono il bar che avevo nel centro del Paese”.
Eppure, ci si riesce, l’anno scorso ha prodotto 800 bottiglie tra Zibibbo secco, Perricone, Grillo e Damaschino “poi, ho fatto analizzare alcune viti e ho scoperto che si tratta dello Spoglia in bocca” un vitigno reliquia con pochi esemplari rinvenuti anche a Lampedusa “con l’Irvo proveremo a fare qualcosa spero”.
I vini di Fedele si bevono, però, solo sull’isola, il tentativo di venderli sulla terra ferma non l’ha convinto “le bottiglie dopo che fanno il viaggio devono riposare un po’e invece lo bevevano subito e il vino si spegneva”.
Quest’anno la vendemmia è stata dimezzata, ma la qualità è buona “l’anno prossimo spero di fare anche un po’ di passito”. Nel frattempo, c’è da andare sull’isola per provare i suoi vini, mentre per salutarlo bisogna andare necessariamente nella sua vigna “certe volte manco in paese vado, sto lì ad accarezzarle”.
Assunta Casiello
Classe ’84, avvocato. Dopo una formazione all’AIS Milano, è diventata giornalista pubblicista e oggi collabora con alcune riviste e guide di settore.