Il capoluogo piemontese, da sempre riferimento in ambito gastronomico, vanta alcune tra le più prestigiose cantine del nostro Paese
di Luca Sessa
Sorta presso la confluenza dei corsi d’acqua Stura e Gesso, su un “cùneo” la cui caratteristica conformazione ne ha ispirato il nome, il capoluogo piemontese è una città elegante ricca di insegne gastronomiche che omaggiano la tradizione culinaria locale. Cuneo è l’ideale punto di partenza per esplorare i suggestivi territori circostanti, ideali per passeggiare, fare trekking e girare in bici durante la bella stagione, ma naturalmente anche sciare in inverno. Spesso considerata di passaggio per raggiungere altrui destinazione, Cuneo è in realtà una vera e propria meta grazie ad alcuni siti storici e architettonici e, come detto in apertura, ricca di ristoranti e locali davvero interessanti, che consentono di scoprire piatti di una volta e abbinamenti più moderni. Inoltre il territorio cuneese ospita alcune tra le più importanti cantine piemontesi, ed inevitabilmente il nostro programma di giornata non poteva che comprendere un paio di visite per degustare vini di grande impatto olfattivo e gustativo. Al solito, avendo programmato sin troppe cose da fare e/o vedere, si inizia di primo mattino con la colazione lo storico Caffé Arione in Piazza Galimberti.
Qui è d’obbligo assaggiare i famosissimi cuneesi al rum, di cui va fatta scorta prima di lasciare la città, ma anche brioche e meringhe si fanno apprezzare e consentono di fare il carico di energie per la giornata. Concluso il “pasto più importante della giornata” iniziamo la visita della città dalla elegantissima Piazza Galimberti, che nelle belle giornate consente di ammirare corso Nizza con l’arco alpino sullo sfondo. Colpiscono le dimensioni della piazza, che con i suoi 24.000 metri quadrati risulta essere poco più piccola di Piazza del Plebiscito a Napoli, giusto per avere un termine di paragone. La tappa successiva è quella della cattedrale di Santa Maria del Bosco con il suo imponente portico arricchito dalle colone corinzie, una struttura architettonica che è impossibile non notare, e poco dopo giungiamo in prossimità delle Torre Civica, il punto più alto della città con i suoi 52 metri. Sono ben 132 gli scalini che portano in cima e che consentono di ammirare un panorama davvero incredibile! Salire e scendere ha messo grande appetito e con i miei compagni di giornata mi dirigo presso la vicina Osteria della Chiocciola.
Nel centro storico, a pochi passi dall’elegante via Roma, c’è questo ristorante con oltre 30 anni di ricerca culinaria, il primo con il simbolo di Slow Food a Cuneo. Arredato con quadri di artisti moderni di pregio quali Pignatelli, Andy Warhol, Valerio Berruti, ha uno dei punti di forza nella colorata l’enoteca situata al piano terra, mentre nella sala al primo piano si serve una cucina tradizionale rifornita soprattutto da produttori locali e in cui – logicamente – è il Piemonte a farla da padrone. Apriamo infatti il pranzo con lo Sformato di porri con bagna caôda e l’immancabile (e ottimo) Vitello tonnato, mentre per i primi puntiamo sugli Gnocchi al Castelmagno e i Ravioli del plin al sugo d’arrosto. L’eccellente Rollé di faraona farcita alle castagne e il delizioso Bunet alle nocciole chiudono un pranzo che ricorderemo per molto tempo, anche grazie agli interessanti abbinamenti con i vini scelti da una carta di grande pregio. Dopo l’obbligatoria e salutare passeggiata ci dirigiamo verso l’auto perché un’ora di viaggio ci separa dalle due cantine che dobbiamo visitare.
La prima tappa è da Marchesi di Barolo che coltiva vigneti a Barolo, nelle Langhe, nel Roero e nel Monferrato nicese. Una azienda che ha fatto la storia grazie al commendator Pietro Abbona, vero e proprio patriarca del Barolo che fece conoscere il vino della sua terra in tutto il mondo. Oggi la continuità è assicurata dalla sesta generazione di famiglia, che grazie alla conoscenza del territorio, unita al rispetto della tipicità dei vitigni, opera una specifica conduzione agronomica per ogni parcella, vinificandone separatamente le uve per mantenerne integre le caratteristiche. Filosofia riscontrabile in uno dei cru storci, quel Cannubi (Barolo Docg) dal colore rosso rubino con riflessi granato e dal profumo intenso con netto sentore di rosa, vaniglia, spezie e rovere tostato. Un vino dal gusto pieno ed elegante, di buon corpo, austero, con tannini morbidi e avvolgenti. Un grande assaggio di storia della viticultura piemontese, che si porta alla seconda tappa del pomeriggio, da Monchiero Carbone, azienda situata a Canale, nel centro del paese, in un antico cascinale signorile ottocentesco, che ospita nei suoi sotterranei un’ampia e affascinante cantina storica, intatta da oltre due secoli. Qui i vini sono prodotti con uve certificate da produzione sostenibile, secondo le normative di produzione integrata atte a ridurre al minimo l’uso delle sostanze chimiche di sintesi. L’azienda fa parte infatti delle realtà pilota del progetto VITicoltura Armoniosa, che propone un modello condiviso di conduzione del vigneto orientato alla “sostenibilità”. L’assaggio del grand cru Monbirone (Barbera d’Alba Doc) conferma le aspettative con il gusto di grande impatto, morbido e acido al tempo stesso, con un finale lungo e fresco con buone sensazioni fruttate e legnose. Uno straordinario prodotto che rappresenta al meglio il valore storico della viticultura
Luca Sessa
Classe 1975, napoletano di nascita, romano d’adozione. Laureato in statistica, giornalista, presentatore e critico enogastronomico, collabora con varie testate nazionali e con alcune guide di riferimento del panorama nazionale.