Una boutique winery legata alla terra, al metodo e alla cultura: “Il Taurasi è il fiore all’occhiello, ma coltiviamo ogni varietà simbolo dell’Irpinia”
di Mario Miranda
Là dove il tempo ha il passo lento della vite e il silenzio profuma di mosto, nasce un racconto che intreccia terra, famiglia e vino.
Siamo a Paternopoli, cuore pulsante dell’Irpinia più autentica, tra colline che parlano il linguaggio del Taurasi e filari che si allungano verso l’orizzonte come righe di una poesia. Qui, nel 2005, ha preso forma un sogno chiamato Fonzone Caccese, una boutique winery che fa del rispetto per la terra e dell’amore per la propria identità il filo conduttore di ogni vendemmia.
Una cantina moderna incastonata tra le vigne, in un equilibrio sottile tra innovazione e radici, dove ogni bottiglia non è solo il frutto della terra, ma anche della visione di una famiglia che ha scelto di produrre vino per passione, e non per numeri.
Con il progetto enoturistico Fonzone apre le sue porte a chi desidera ascoltare il respiro del vino, camminare tra i filari, assaporare il racconto vivo delle varietà autoctone campane e lasciarsi guidare in un viaggio che coinvolge tutti i sensi. Ogni esperienza, sia essa breve o immersiva, si trasforma in un incontro: con il vino, con la bellezza, con la cura artigianale che permea ogni gesto.
Per raccontare tutto questo abbiamo incontrato Silvia Campagnuolo Fonzone, responsabile comunicazione della cantina. Attraverso le sue parole abbiamo ripercorso le radici del progetto, la passione che lo anima e la visione che lo guida, lasciandoci accompagnare in punta di piedi nel mondo autentico e raffinato di Fonzone.

Com’è sbocciata la storia della vostra azienda tra le colline dell’Irpinia, e cosa custodisce oggi questo sogno di famiglia?
“Tutto è cominciato nel 2005 quando mio suocero, Lorenzo Fonzone Caccese, medico chirurgo della mano con la passione per il vino, decise di acquistare 30 ettari di vigneti nelle campagne di Paternopoli (in provincia di Avellino), all’interno della DOCG Taurasi, allo scopo di creare una moderna cantina. Il suo sogno è sempre stato quello di produrre vini bianchi, rossi e rosati capaci di valorizzare gli straordinari vitigni autoctoni dell’Irpinia, con un approccio sostenibile, sia in vigna che in cantina, assecondando i ritmi di madre natura e preservando la biodiversità. Noi abbiamo raccolto il testimone proseguendo quel cammino alla ricerca dell’eccellenza. Mio suocero, oltre alla passione per il vino, ci ha trasmesso valori importanti come l’impegno, la precisione, l’ordine e il rispetto per la natura. Noi vogliamo fare tesoro di questi insegnamenti e seguire il solco che lui ha tracciato per poi trasmettere questa preziosa eredità ai nostri figli. Abbiamo scelto di fare vino e di farlo bene, con cura e amore”.
Quali sono i vitigni autoctoni che accarezzate con più amore, e cosa raccontano al palato di chi li assaggia?
“Coltiviamo le varietà simbolo dell’Irpinia: Aglianico e Falanghina a Paternopoli, Fiano di Avellino a San Potito Ultra e Parolise, Greco di Tufo ad Altavilla Irpina e Tufo. Vitigni fantastici da cui otteniamo vini profumati, cremosi e longevi: questo grazie anche alle particolari condizioni climatiche e alla peculiarità del suolo. Il colle su cui sorge la cantina, infatti, si colloca nella sottozona “Campi Taurasini” e i vigneti si estendono sui due versanti dell’altura, beneficiando di molteplici esposizioni e di un’altitudine che varia dai 360 m ai 430 m s.l.m. La collina comprende sia suoli argilloso – calcarei che suoli a tessiture più sciolte, di chiara origine sedimentaria, ed è circondata dai torrenti Fredane ed Ifalco, che ne influenzano il microclima caratterizzato da forti escursioni termiche tra il giorno e la notte. Inoltre, data la vicinanza in linea d’aria con il Vesuvio, nel sottosuolo è presente polvere vulcanica, deposito delle eruzioni avvenute nel corso dei secoli. Un territorio così straordinario aveva bisogno di mani esperte per esaltarne le caratteristiche ed è per questo che abbiamo scelto di affidarci alla competenza e al talento di un grande enologo come Luca D’Attoma. La sua filosofia è quella di esplorare, sperimentare e valorizzare vitigni e territori per creare, con intuito e lungimiranza, vini unici. Ad affiancarlo, il nostro bravissimo enologo residente Francesco Moriano senza il quale nulla sarebbe possibile”.

Cosa significa per voi creare un vino “sartoriale”? È forse come cucire un’emozione su misura?
“Il vino è un concentrato di emozioni nel calice. Creare vini sartoriali significa prima di tutto saper tirar fuori da ogni vitigno le migliori espressioni, in modo che sia immediatamente riconoscibile, e poi conferire eleganza, profondità, armonia al vino affinché chi lo degusta si emozioni sorso dopo sorso”.
Come si traduce il vostro rispetto per la natura in ogni gesto, in ogni filare, in ogni vendemmia?
“Da noi la vendemmia si fa rigorosamente a mano. Inoltre nei nostri vigneti non vengono utilizzati diserbanti e la difesa fitopatologica è in accordo con i criteri di lotta integrata. Il suolo viene trattato solo con concimi organici e sovesci e la potatura mira al rispetto della pianta e ad un carico di produzione molto basso per migliorare la qualità delle uve. Per favorire il più possibile la biodiversità, lo spazio interfilare è gestito con la tecnica dell’inerbimento di piante spontanee. L’equilibrio tra leguminose, graminacee ed altre specie è regolato con gli sfalci, e nelle aree di bordura sono state piantate essenze erbacee per offrire l’habitat ideale agli insetti impollinatori. Ospitiamo numerose arnie e le api qui hanno trovato l’ambiente ideale per proliferare e produrre il loro miele. Stiamo completando il percorso per la certificazione biologica, accompagnati in questo cammino dall’enologo D’Attoma, che è stato un pioniere della viticoltura biologica oltre ad essere grande esperto di biodinamica”.

Cosa vi ha spinti a spalancare le porte della vostra cantina, lasciando che il vento dell’enoturismo entrasse a raccontarvi?
“L’enoturismo è un’opportunità unica per creare un legame diretto con i visitatori, condividere la nostra passione e far assaggiare i nostri vini. È il nostro modo di raccontare chi siamo, attraverso esperienze autentiche e coinvolgenti. Abbiamo cominciato lo scorso anno e i riscontri positivi ci hanno spinto ad ampliare l’offerta per venire incontro alle diverse esigenze dei visitatori. Da questa stagione, infatti proponiamo nuove esperienze, tutte bellissime, curate minuziosamente da mia cognata Ria Stammelluti Fonzone”.
Quali percorsi sensoriali offrite ai vostri ospiti, e quali esperienze li attendono tra filari e calici?
“Abbiamo studiato una serie di percorsi per venire incontro a tutte le esigenze. Si parte dallo Smart Tasting, che di fatto è un’introduzione essenziale al mondo Fonzone senza rinunciare alla qualità, all’esperienza Dalla Vigna al Calice con passeggiata tra le vigne e in cantina, fino all’Exclusive, che consiste in un tour approfondito accompagnati dall’enologo residente, ideale per gli appassionati. Un’offerta variegata pensata per permettere agli ospiti di conoscere la storia, i vini e la filosofia aziendale, attraverso esperienze su misura capaci di trasmettere il valore della produzione artigianale della nostra boutique winery”.
Tra tutte le esperienze, quale consigliereste a chi varca per la prima volta la soglia della vostra cantina?
“L’esperienza che consiglierei è quella che abbiamo battezzato ‘Dalla Vigna al Calice’, perchè prevede la passeggiata tra i nostri vigneti e poi una visita approfondita in cantina per scoprire il processo produttivo e le diverse tecniche di vinificazione e affinamento, dall’anfora alle botti, dal cemento all’acciaio. Il percorso si conclude nella sala degustazioni con vista a perdita d’occhio sui vigneti. Ad accompagnare l’assaggio dei vini, taglieri di salumi e formaggi locali e persino il miele prodotto dalla api presenti nella nostra tenuta, il tutto curato con grande attenzione per far sentire gli ospiti come a casa”.

Cosa sperate che resti impresso nel cuore di chi vi visita, una volta tornato a casa?
“Quello che ci rende felici è quando i nostri ospiti, dopo la visita, si soffermano nel zona lounge con un calice in mano per fare due chiacchiere, ascoltare musica e rilassarsi. Molti ci dicono che si sentono come a casa grazie a un’atmosfera calda e accogliente e trovano nuove scuse per tornare a trovarci…”.
In cosa sentite di essere diversi dalle altre cantine che condividono con voi il respiro del Taurasi?
“Ci sentiamo molto contemporanei. I nostri Taurasi sono vini espressivi, ricchi di sfumature ma soprattutto estremamente piacevoli. In particolare, il nuovo Taurasi Riserva Legare, che abbiamo lanciato da poco, racconta la nostra visione di un Aglianico contemporaneo capace di innovare senza tradire la sua natura. Una Riserva il cui 100% della massa macera in anfore di cocciopesto per circa un mese e che matura 5 anni, di cui 1 in cocciopesto, 3 in botte grande e 1 in bottiglia. Un vino complesso, profondo, emozionale. Un Taurasi all’ennesima potenza, piacevole e moderno”.

Come immaginate il futuro dell’enoturismo, e quale sarà la melodia che Fonzone intonerà nei prossimi anni?
“L’enoturismo è la chiave di volta per promuovere il nostro territorio che tuttavia deve ancora crescere nel campo dell’accoglienza. E noi cantine possiamo fare da traino nello stimolare questa crescita, nel richiamare turisti nelle nostre zone e creare un circuito virtuoso che abbia delle ricadute molto positive sul tessuto economico e sociale dell’Irpinia. Noi ci crediamo moltissimo anche perché essere ospitali e accoglienti fa parte del nostro DNA e dunque ci viene del tutto naturale. Se a tutto questo unisci, panorami stupendi, vini eccellenti e prelibatezze gastronomiche che qui non mancano, allora il gioco è fatto. E’ una strada ancora poco battuta che sono sicura ci porterà molto lontano”.

Mario Miranda
Mario è un enologo campano, esperto di analisi sensoriale e degustazione del vino. Dopo aver conseguito la laurea magistrale in Scienze Enologiche presso l’Università di Napoli, ha lavorato in diverse aziende vitivinicole e ha collaborato come editor e tasting coordinator per WinesCritic.com