Intervista al direttore Riccardo Binda: “È una svolta epocale. In questa zona regnava il conservatorismo, mancava la volontà di mettersi in discussione
di R.V
Modifica di statuto e disciplinare per il Consorzio Pavese, rettificati i criteri di votazione che equiparano i piccoli e i grandi produttori, introdotto un premio di voto per le aziende di filiera. Il Classese, storica denominazione del territorio, diventerà il marchio che contraddistinguerà i Metodo Classico a base di Pinot Nero. Modificato il disciplinare dei Millesimati che passano da 24 a 36 mesi di permanenza sui lieviti e inserito il “Riserva” con permanenza di 48 mesi.
Il Direttore Riccardo Binda ci racconta un momento che può segnare in positivo il futuro di una delle più grandi zone di produzione dell’Italia del vino.
Immagino siano state giornate davvero campali…
“Sono state settimane decisamente intense, ma la partecipazione e la coesione dimostrata nell’assemblea di giovedì 20 marzo sono la base per riscrivere il futuro della denominazione”.
Possiamo dirlo: l’assemblea ha rappresentato una svolta epocale per l’Oltrepò Pavese.
“A volte si spendono aggettivi che paiono sensazionalistici, ma questa volta il termine “epocale” è quanto mai azzeccato”. Uno statuto che dà un peso determinante nelle decisioni del Consorzio ai produttori di filiera non è importante solo per l’Oltrepò, ma è un unicum per il vino Italiano. In molte occasioni grandi associazioni come FIVi hanno manifestato l’esigenza di modifiche statutarie come quella votata giovedì 20 per tutti i Consorzi Italiani. E’ molto significativo che a fare da capofila a queste modifiche sia l’Oltrepò Pavese, un territorio che è stato caratterizzato da un approccio decisamente conservatore. Fondamentale la compattezza con cui i produttori hanno votato queste modifiche, che hanno ottenuto un vero e proprio plebiscito con il 98% dei consensi”.
Con la stessa compattezza, si è dimostrata la volontà di puntare su una denominazione storica del territorio, il Classese, che contraddistinguerà d’ora in poi tutto il Metodo Classico del territorio.
“L’Oltrepò è un territorio protagonista del Metodo Classico dal 1800, la qualità del Pinot Nero della nostra area è elevatissima e i vini non hanno niente da invidiare a quelli delle denominazioni italiane più prestigiose. La modifica al disciplinare del Metodo Classico da Pinot Nero, che rappresenta la prospettiva più importante per il futuro del territorio, è una scelta chiave per la valorizzazione di questo patrimonio storico. La scelta del Classese, denominazione nata da un’associazione di produttori nel 1984 (il primo presidente fu Carlo Boatti, fondatore di Monsupello) era la più ovvia per la storicità dimostrabile del marchio e la storia commerciale dello stesso, elementi indispensabili per la creazione di una nuova denominazione DOCG”.
Dopo anni di esperienza a Bolgheri in un contesto produttivo e territoriale decisamente diverso, com’è andato questo primo semestre alla guida del Consorzio Oltrepò Pavese?
“Si tratta di scenari estremamente distinti. A Bolgheri si lavorava di fioretto, in Oltrepò il lavoro più che di sciabola è spesso di scure, ma momenti come l’Assemblea del 20 febbraio gettano basi importantissime per proiettare il territorio verso nuove prospettive di valorizzazione. Ovviamente c’è moltissimo lavoro da fare per portare a casa i risultati che questo straordinario territorio merita di conseguire”.
Quanto ha contato – in questo grande passo del territorio – la nuova generazione di produttori di filiera, a partire dalla presidente Francesca Seralvo e dai molti volti nuovi di questo nuovo gruppo di lavoro?
“Il capitale umano è insostituibile quando si desidera realizzare grandi progetti di cambiamento. Tutti hanno contribuito alla nuova visione, a partire dai produttori che si sono espressi quasi all’unanimità sulle modifiche proposte. Il ricambio generazionale è fondamentale sopratutto per un territorio che non ha mai avuto la volontà di mettersi in discussione, con un approccio quasi dogmatico”.
Nell’ultimo anno un altro grande player come Berlucchi ha investito in Oltrepò. Pensi che le modifiche votate dall’assemblea possano rendere il territorio più attrattivo per gli investimenti di altri grandi gruppi?
“Le grandi aziende che hanno investito sul territorio lo hanno fatto puntando sul Pinot Nero con un focus assoluto sul Metodo Classico. Sicuramente la direzione strategica che esce dall’assemblea non potrà che incentivare gli investimenti di nuovi player che vogliono puntare sulle bollicine di qualità”.
Chiudiamo sul tema dell’enoturismo: come tutte le zone situate a breve distanza da Milano, l’Oltrepò ha un enorme potenziale di crescita nell’ospitalità. Spesso il principale ostacolo a questa crescita è dato da problemi di mobilità: non esiste ad oggi un’offerta di collegamenti che connettano Milano ai principali territori del vino situati a breve distanza, né una promozione adeguata dell’offerta. Aspetto che viene acuito in questo periodo dall’hype mediatico (psicologico, più che altro) legato al nuovo codice della strada (che – va detto – non ha inasprito le norme per chi viene trovato alla guida in stato di ebbrezza se non per i recidivi). Qual è il tuo punto di vista in proposito?
“Nessun territorio vinicolo può definirsi di successo, se non accosta alla qualità delle produzioni vinicole una capacità di costruire esperienze e di ospitare numeri incrementali di turisti sul territorio. Sicuramente mancano collegamenti e attività di promozione adeguate, partendo dalle basi: anche la cartellonistica stradale spesso non è utilizzata a dovere per valorizzare i luoghi più importanti del turismo enogastronomico. Ovviamente il tema della mobilità e della promozione non è sviluppabile in autonomia dai singoli consorzi, ma deve essere oggetto di un tavolo che coinvolga tutti gli attori supportato dalle Istituzioni, a partire dagli assessorati di competenza – Agricoltura e Turismo – di Regione Lombardia”.