Frutta, ortaggi e verdura hanno perso clamorosamente valori nutrizionali. Dati preoccupanti per il presente e soprattutto il futuro: occorrono un rilancio dell’agrobiodiversità, una migliore gestione del suolo, rallentare o fermare fertilizzanti e fitofarmaci
di Paolo Caruso
Il condivisibile modo di dire “il cibo non è più quello di una volta” viene certificato anche dalla scienza. Una interessantissima e recente pubblicazione dal titolo “An Alarming Decline in the Nutritional Quality of Foods: The Biggest Challenge for Future Generations’ Health” (Bhardwaj et al., 2024), evidenzia un allarmante declino nella qualità nutrizionale degli alimenti avvenuto negli ultimi sessant’anni, caratterizzato da una significativa diminuzione della presenza di elementi minerali e composti nutraceutici essenziali, in frutta, ortaggi e verdura.
Gli autori sottolineano che questi dati preoccupanti rappresentano la più grande sfida per la salute delle future generazioni.
Lo studio scientifico riferisce della perdita, avvenuta negli ultimi 50-70 anni, del 25-50 % del valore nutrizionale di diffusissimi frutti come mele, arance, mango, guava, banana e verdure, o di ortaggi come pomodoro e patata, a causa di fattori ambientali, genetici e agronomici.
Nella ricerca vengono riportati anche i risultati di uno studio precedente che quantificava la riduzione della presenza di macro e microelementi, ad eccezione del fosforo, negli 80 anni di intervallo tra il 1940 e il 2019. Nello specifico le perdite sono state pari a -52% per il sodio, -50% per il ferro, -49% per il rame e -10% per il magnesio.
La velocità di contrazione del valore nutrizionale del cibo è aumentata in modo esponenziale dopo la rivoluzione verde. Si stima che l’80% di questo assottigliamento sia avvenuto negli ultimi 30-40 anni, mentre nei 70-80 anni precedenti il tasso era solo del 20%.
Lo studio ha indagato anche sulle cause potenziali di questo declino.
L’attenzione viene rivolta soprattutto verso l’applicazione indiscriminata di fertilizzanti sintetici e alle intervenute modificazioni nelle pratiche agricole, che sono associate a una riduzione del contenuto di sostanza organica e a un declino della qualità e della diversità microbica del suolo, oltre che ad una contaminazione di acqua e terreni agricoli.
Secondo gli autori della ricerca, e per quel che può valere anche per il sottoscritto, neanche i genetisti sono immuni da critiche: l’eccessiva attenzione, se non l’unico interesse, riposto nell’ottenimento della massima resa ottenibile, ha portato a trascurare il mantenimento della qualità nutrizionale del cibo.
Le moderne varietà di frutta, verdura e ortaggi hanno un valore nutrizionale più ridotto rispetto alle varietà tradizionali e/o locali, coltivate prima del 1960. Senza tralasciare che è stata rilevata una correlazione negativa tra la resa in campo e le qualità nutrizionali degli alimenti.
Ovviamente anche l’utilizzo eccessivo e spesso indiscriminato di fitofarmaci ha impattato negativamente sulle qualità organolettiche e nutrizionali degli alimenti vegetali.
Le strategie da adottare per cercare di gestire (ripristinare è, ahinoi, molto complicato) i livelli qualitativi dei livelli nutrizionali degli alimenti sono affidate ad un rilancio della coltivazione di piante appartenenti al patrimonio dell’agrobiodiversità, ad una migliore gestione del suolo, ad una maggiore attenzione per l’agricoltura biologica e all’introduzione di pratiche utili al miglioramento dell’ecosistema e della biodiversità del suolo.
La pubblicazione sottolinea la necessità di riformulare ricerca, politiche nutrizionali ed agricole, indirizzandole verso il miglioramento della salute del suolo e degli alimenti e non solo sull’aumento delle rese agronomiche.
La ricerca in questione si rivela di straordinaria importanza perché suggella scientificamente quanto empiricamente riscontrato da ognuno di noi: l’omologazione verso il basso della qualità del cibo.
E… attenzione! Non si tratta soltanto di odori e sapori perduti, ma soprattutto di quanto queste carenze impattino sulla nostra salute: la riduzione di macro e microelementi, nonché di altre sostanze come i polifenoli, si riflette negativamente sul nostro benessere fisico, favorendo l’insorgere di patologie anche inedite.
Mangiare bene è la prima medicina. E non ci sono integratori che tengano.

Paolo Caruso
Creatore del progetto di comunicazione “Foodiverso” (Instagram, LinkedIn, Facebook), Paolo Caruso è agronomo, consulente per il “Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente” dell’Università di Catania e consulente di numerose aziende agroalimentari. È considerato uno dei maggiori esperti di agrobiodiversità