Prima sommelier d’Italia e presidente AIS Campania per 12 anni, oggi alla guida di ‘O me o il mare’: “Il vino analcolico? Forse inevitabile, ma per me è un po’ morire…”
di Marina Alaimo
Nicoletta Gargiulo, classe 1975, ha una lunga esperienza nel mondo del vino e nel servizio di sala. È stata primo sommelier d’Italia nel 2007, presidente AIS Campania dal 2010 al 2022, tre mandati consecutivi, cosa rara specie per una donna, docente ai corsi dal 2005, attualmente è Consigliere Nazionale AIS. Ha lavorato come sommelier e restaurant manger in diversi ristoranti stellati delle costiere sorrentina e amalfitana. Attualmente ha realizzato il sogno di avere un proprio ristorante, progetto a lungo sognato e ragionato insieme al marito chef Luigi Tramontano. “O me o il mare”, aperto nella sua città di origine, Gragnano ha ottenuto subito la stella Michelin.
Nicoletta, hai una lunga sperienza come sommelier e restaurant manager nell’alta ristorazione, ma anche nella formazione di professionisti. Quindi hai sicuramente monitorato il cambiamento dei consumi del vino e altri alcolici. Se ne sta parlando moltissimo di recente, ma questa variazione di tendenza parte già diversi anni fa.
Il cambiamento del consumo del vino negli ultimi anni è stato significativo. Il cliente cerca sempre più vini rossi con minore struttura, meno alcool e più eleganza, vini bianchi con qualche anno di affinamento sulle spalle perché più espressivi e complessi, dotati di acidità più moderata. Anche noi sommelier ricerchiamo leggerezza ed eleganza nei vini in quanto sempre più i piatti proposti dagli chef sono meno grassi, meno strutturati, ma al contempo più aromatici e più freschi.
Le nuove normative sui limiti dei valori alcolemici alla guida spaventano realmente il cliente al tavolo? Anche se il limite senza sanzioni consentito fino a 0,5 g/l rimane invariato, è andando oltre questo che le sanzioni si sono inasprite. I consumatori e gli operatori del settore conoscono realmente bene le normative?
La nuova normativa ha sicuramente frenato il consumo del vino al ristorante, gli incassi dei primi sabato sera dell’anno evidenziano almeno un 35% in meno. I clienti, anche quelli meno addentrati nell’argomento, sanno delle sanzioni, ma soprattutto temono il ritiro della patente e sta diventando più difficile che l’ospite si affidi totalmente per il wine pairing sul menù degustazione.
Molto spesso si fermano ad uno, massimo due calici e qui noi sommelier dobbiamo essere ancora più bravi ad individuare due vini che possano accompagnare più piatti.
Le proposte beverage alcol free si stanno inserendo a gamba tesa. Quali sono le tue al tavolo del ristorante?
Al momento sto proponendo dei the spumantizzati, con bei profumi, dal gusto delicato. Per quanto riguarda i vini, sto ricercando qualcosa d’interessante e ho capito che tendenzialmente si stanno dealcolando maggiormente vini da vitigni aromatici cosicché almeno del vino resta l’intensità e la persistenza gusto- olfattiva. Se proprio devo, li servirò, ma per me è un po’ morire, mi fa tristezza.
Alternare vini poco strutturati e bevande alcol free nel pairing di un ristorante potrebbe essere la giusta misura? Tu come svilupperesti questa idea?
Ho sempre cercato di combinare una sequenza tra vini e bevande in cui inserivo di tanto in tanto una birra artigianale con poco alcool, qualche infuso, a volte cocktail, in modo da alleggerire il carico di alcool, ma soprattutto per rendere l’esperienza più interessante.
Ho chiaramente impresso nella mia memoria un episodio del 2005 particolarmente significativo, che anticipava di molto i tempi e le tendenze: lavoravo al ristorante Don Alfonso 1890 e in occasione di una fantastica manifestazione chiamata Stravaganza mediterranea, partecipavano grandissimi chef come il compianto Santi Santamaria, Albert Adrià, Heston Blumenthal, Alain Passard, Juan Roca, Louis Andoni e quest’ultimo in abbinamento ai suoi piatti ci fece servire soltanto infusi e tisane. Allora francamente non riuscii a comprendere questa filosofia, oggi posso dire che, come in tante altre mode o tendenze che riguardano la cucina, gli chef spagnoli ci avevano visto lungo.
Chi ha passione e cultura del vino potrebbe mai accettare i vini dealcolati? Realmente hanno o potrebbero avere un mercato?
Mi ripeto, faccio un po’ fatica ad accettare questa nuova tendenza del vino alcool free, infatti preferisco abbinare qualche the spumantizzato, oppure cocktail analcolico miscelato con distillato dealcolato di ottima qualità, piuttosto che vini. Sarò troppo tradizionalista, ma credo che si goda un po’ a metà francamente. Temo però che la loro richiesta sarà in crescita perché abbiamo sempre più clienti che scelgono di non mangiare carboidrati, zuccheri, carne, i vegani sono in aumento. Il motivo del cambiamento è molto semplice: le persone sono sempre più attente alla loro salute.
Il mio gioco preferito rimarrà sempre quello di assaggiare i nuovi piatti creati da mio marito, Luigi Tramontano, e ricercare l’abbinamento giusto che dia un finale di bocca pulito, dove vino e piatto si sposino magnificamente, dove ogni sorso ti faccia emozionare per l’armonia tra cibo e vino.

Marina Alaimo
Giornalista Napoletana, rimasta a Napoli per scelta, collabora con
diverse testate e guide specializzate nel settore food and wine da molti anni. Sommelier, il viaggio nel mondo del vino è iniziato proprio frequentando un corso AIS e la folgorazione è stata totale, irresistibile, fino a scegliere di cambiare totalmente il corso della propria vita.