Emozioni forti, sapori, profumi, paesaggi e un personaggio particolare da conoscere… Vi portiamo per mano in un weekend indimenticabile
di Marina Alaimo
Piccola la Valle d’Aosta, chiusa tra le Alpi e ancora non proprio facilmente raggiungibile, sa regalare esperienze esclusive ed emozionanti. Come molti luoghi di confine, la sua storia e la sua gente sono il complesso risultato di crocevia di più culture, di stratificazioni di eventi fisici e temporali che ne determinano l’unicità. Ancora molto selvaggia, sicuramente è questo il suo punto di forza, che la rende così bella e libera, sì libera perché nella sua apparente rudezza si concede di rimanere qual è, senza vanità di dover piacere a tutti.
Mantiene così molte dei suoi usi e costumi, strettamente legati al mondo della pastorizia e dei pascoli, alle vigne coraggiose e ripidissime, ai percorsi di montagna e ad una cucina che sa mettere insieme quanto apparentemente può sembrare frugale, ma che in realtà è ricchezza. È un territorio da frequentare, e godere, tutto l’anno, sempre bellissimo e da scoprire con pazienza e dedizione. Sappiamo bene che il suo principale punto di attrazione sia nelle località sciistiche, alcune famose come Courmayeur o Cervinia, intorno alle quali si ritrova l’alta ristorazione e molte attrattive, ma possiamo fare tanto altro e in ogni stagione dell’anno.
Il Carnevale della Coumba Freida è così originale e coinvolgente tra i piccoli villaggi della vallata.
La Coumba Freida vuol dire “la valle fredda”, comprende la Valle del Gran San Bernardo, la Valpelline e il Vallone di Ollomont che accolgono il tragitto della via Francigena e lo storico passaggio per la Svizzera. Qui si svolge uno dei Carnevali più antichi e belli d’Italia, quello della Coumba Freida, molto originale per i costumi coloratissimi che spiccano sui paesaggi innevati. Le maschere con i loro abiti richiamano le uniformi delle truppe napoleoniche, sono un vero e proprio sberleffo ai soldati che invasero questa zona nella campagna d’Italia facendo razzie e violenze. La mascherada, la sfilata, si svolge di paese in paese, ognuno ha i propri riti e le sue date, pur mantenendo lo spirito comune che si accentra nelle maschere e negli abiti.
A Valpelline si può visitare il museo della fontina, l’eccellente formaggio che è simbolo della Valle d’Aosta. Sono molto interessanti i magazzini di stagionatura, le grotte scavate nella montagna.

A Gignod c’è un’antica locanda dove fermarsi per il pranzo o la cena. È la Clusaz che ha saputo rinnovarsi grazie alla visione imprenditoriale dello chef e socio Piergiorgio Pellerei. I sapori della Vallèe qui trovano un sapiente interprete, raffinato, che sa ricercare i migliori prodotti e raccontare il territorio con mano leggera e al passo con i tempi. Anche se lo chef si diverte ad uscire dai confini regionali con qualche piatto che vuole rimandare l’idea di apertura. Tradizione e tanta innovazione qui sanno stare in armonia. Dalla fonduta e polenta, alla soupa alla valpellinense, poi i boudin, le lumache al verde, ma anche spaghetti all’astice e rombo glassato al burro. La locanda poi è molto bella ed è dotata di camere.
Aosta
Il capoluogo di provincia, piccola città romana, l’Augusta Praetoria fondata nel 25 a.C. per controllare il passaggio dall’Italia alla Francia. Proprio in pieno centro storico possiamo visitare il bellissimo sito archeologico con l’anfiteatro e l’acquedotto, rimanendo a bocca aperta per l’esclusivo scenario circondato dalle Alpi e dal Monte Bianco. Da un po’ di anni c’è chi ha investito nell’alta ristorazione, una lunga assenza finalmente risolta grazie a piccoli imprenditori appassionati.
Proprio in una delle zone più antiche di Aosta c’è il ristorante Vecchio Ristoro, che ha riconquistato la stella Michelin con lo chef Filippo Oggioni, patròn insieme all’amico e socio Paolo Bariani, sommelier e restaurant manager. Siamo in un antico mulino posto proprio in città, vicino il corso del Rive de Ville, in piazza Roncas, e l’atmosfera all’interno è molto intima e rilassante. Grande cura è data alla scelta dei pani e al loro servizio, ogni portata ha il suo pane. Cucina di montagna, di altissimo profilo, sul racconto dei prodotti di piccoli agricoltori e pastori, con una marcata attitudine al mondo vegetale. Un leitmotif che non esclude carni da piccoli allevamenti, cacciagione, e pesci di lago. Ottima la scelta dei vini. Carte à la minute, i piatti cambiano anche nella quotidianità seguendo quanto queste piccole realtà di fornitori riescono a conferire.
In piazza Emile Chanoux, il luogo principale di aggregazione sociale, il salotto della città, troviamo l’altro stellato, Paolo Griffa al Caffè Nazionale, lo storico caffè che cambiando proprietà si è aperto all’alta ristorazione e alla pasticceria d’autore. Il grande dehor all’aperto è un forte punto di attrazione per sostare ammirando la bellezza del luogo ed il passeggio. Raffinata e innovativa la cucina di Paolo Griffa che ha riscosso un buon successo sia con gli aostani, che con i tanti visitatori arrivati molto spesso da Milano, attratti dalle località di montagna, ma anche da i numerosi stranieri. Il menù spazia dai grandi classici dell’alta cucina alla contemporaneità fatta di contaminazioni tra le realtà della Valleé e la formazione di chef Griffa.
La vera anima valdostana è fatta di alpeggi, stalle, latte e ottimi formaggi, per lo più di vaccina, ma anche di eccellenti caprini.

Antica Latteria ErbaVoglio è il luogo di riferimento per chi ama i formaggi. Stefano Lunardi è un rinomato ricercatore e affinatore di formaggi in questo storico indirizzo che ne offre una varietà numerosa, almeno cento. Siamo vicini l’antichissima cattedrale di Santa Maria Assunta, in via Monsignore de Sales 14, qui troveremo diverse tipologie di fontina valdostana con le varie stagionature, ogni alpeggio dà il suo carattere al formaggio. Sotto il negozio c’è la cantina con tetto a volta dove Stefano affina i formaggi. Poco distante, in via Sant’Anselmo 38, da qualche anno c’è anche ErbaVoglio Anselmo la bottega con cucina e sala degustazione dove assaporare i formaggi, qualche piatto della tradizione, salumi e altri prodotti, accompagnati dai vini del luogo.
Imperdibile la visita alla cattedrale di Santa Maria Assunta (IV sec.) le cui origini risalgono alla prima diffusione del Cristianesimo nella regione, e al foro romano posto proprio al di sotto.
I vignaioli valdostani sono formidabili, i loro vini di montagna si fanno apprezzare ampiamente per la finezza e per l’ampia varietà di vitigni storici che hanno preservato con cura nel tempo.
Appena fuori Aosta, pur rimanendo nel suo territorio, c’è un eccellente produttore, Elio Ottin, che vale assolutamente una visita. Nella piccola frazione Porossan Neyves c’è la sua cantina ricavata dalla vecchia casa di famiglia, dove si era abituati all’auto produzione per garantirsi l’auto sufficienza. Elio ha mantenuto la stalla con le mucche, poche, per passione, poi il frutteto e un poco di orto. Il contesto del piccolo villaggio è di una bellezza fiabesca, disegnata da casette con tetto spiovente, tanto verde, qualche mucca o vitello che gira in libertà, e le meravigliose vigne a picco sulla valle. A 600 metri di altitudine, su suoli ricchi di pietra e calcaree, Elio produce ottimi vini, tra i quali spiccano il bianco Petit Arvine, il Pinot Noir, quest’ultimo un vero e proprio fiore all’occhiello, e il Fumin che mantiene la memoria vignaiola valdostana, un rosso sottile e di carattere allo stesso tempo.

Poco fuori Aosta, a circa trenta minuti di auto, ci aspetta un’altra incredibile esperienza: le terme di Pre Saint Didier, nella Valdigne l’alta valle della Dora Baltea.
Il benessere legato a queste acque termali naturali di montagna era ben noto già ai romani. Per 150 anni questo sito è stato molto frequentato dalla famiglia reale dei Savoia. Indipendentemente dalla storia importante, la sua bellezza ci lascerà senza parole. La struttura ottocentesca ha piena vista sul Monte Bianco, e offre un meraviglioso percorso di vasche a diverse temperature, sia negli ambienti interni, che esterni. La zona esterna è particolarmente bella per il paesaggio e d’inverno offre l’esperienza esclusiva di fare il bagno in acqua calda mentre tutto intorno è avvolto nel bianco candore della neve.
Ricordiamo che la Valle d’Aosta ospita le vette più alte d’Italia e d’Europa: Monte Bianco, Monte Rosa, Monte Cervino e Grand Paradiso, con un intreccio di percorsi trekking molto vari e indimenticabili per chi ama la natura e la montagna. Raggiungere i rifugi dà un senso di piacere intenso, per il termine della fatica impiegata, per la bellezza dei luoghi intimi alla montagna attraversati nel silenzio, e per la gioia di ristorarsi con la cucina valdostana. In effetti mangiare nei rifugi ha un sapore difficilmente paragonabile.

Mangiare e dormire nel rifugio a 1935 metri
Champoluc è uno dei villaggi raggiungibili solo a piedi o con la funivia, a 1935 metri di quota, di una bellezza che ricorderemo a lungo, fino a sentirne nostalgia e grande desiderio di tornarci. Siamo in un antico villaggio Walser, dove troviamo il rifugio Vieux Crest, una tipica struttura in pietra e legno, con vista sulla Val d’Ayas e sul Monte Rosa, frequentabile tutto l’anno. Il ristorante è aperto a pranzo e a cena, offre una buona cucina tradizionale valdostana, dalla polenta concia, alla zuppa valpellinense, ai formaggi, i salumi, i vini, esperienza che a sua volta si farà ricordare con nostalgia. Il rifugio offre anche le camere.
Come abbiamo già detto, i vini valdostani sono particolarmente interessanti con il loro carattere elegante, sottile e molto diverso da qualsiasi altro territorio.
Proprio sotto il bellissimo castello di Aymaville c’è un vignaiolo un po’ folle che dobbiamo proprio conoscere.
È Didier Gerbelle, i suoi vini sono di straordinaria bellezza. Didier si è particolarmente impegnato a salvare e valorizzare i vitigni storici dell’areale intorno a Aymaville, sulla collina che domina la Dora Baltea, tra l’Alta Valle d’Aosta e la Valle di Cogne. Le vigne vanno dai 600 agli 850 metri di altitudine, con pendenze impegnative. È partito con appena un ettaro, oggi ne possiede dieci, con una produzione annua di circa 60.000 bottiglie. Siamo nella doc Torrette, un territorio prettamente rossista, dove a imperare tra i filari è il petit rouge, vitigno straordinario per il timbro sottile e di grande personalità che conferisce ai vini. Rimanere nel range del petit rouge al nostro vignaiolo stava piuttosto stretto, anche se ne è un interprete abilissimo, così ha dedicato più spazio al cornalin, al fumin, al mayolet al premetta (l’uva rosa), al vuillermin. Discorrere e degustare i vini insieme a Didier ci farà dimenticare pericolosamente l’orologio.
Morgex è un’altra meta di grande interesse per i vini di montagna e per il paesaggio. Fino ad altitudini molto spinte, che superano anche i 1000 metri, si alleva il priè blanc, uva esclusiva di questo areale, quello della doc Blanc de Morgex et de la Salle. Le poche cantine ci concedono esclusive bevute sia di bianchi fermi che di bollicine da metodo classico, dal timbro che ci ricorda la montagna. Tra queste spicca la cantina Ermes Pavese che assolutamente dobbiamo incontrare. Visitare i terrazzamenti ripidi, con le pergole basse, anche bassissime, vale sicuramente il viaggio.


Marina Alaimo
Giornalista Napoletana, rimasta a Napoli per scelta, collabora con
diverse testate e guide specializzate nel settore food and wine da molti anni. Sommelier, il viaggio nel mondo del vino è iniziato proprio frequentando un corso AIS e la folgorazione è stata totale, irresistibile, fino a scegliere di cambiare totalmente il corso della propria vita.