Rita e Andrea raccontano la loro cantina, dove incontrare “musica, arte e letteratura inseguendo il sogno emiliano…”
di Annalucia Galeone
Mollare tutto, per cambiare direzione e reimpossessarsi delle proprie radici è una decisione non facile ma non scegliere e vivere di rimpianti è ancora peggio. Rita e Andrea Lusvardi hanno preso il coraggio a quattro mani e intrapreso un viaggio al contrario, dopo aver trascorso dieci anni negli USA, aver messo su famiglia e costruito una brillante carriera professionale sono ripartiti dalle proprie origini, dall’azienda agricola ereditata dai genitori a San Martino in Rio una piccola località del comune di Molino di Gazzata in provincia di Reggio Emilia. Dal 2008, Rita e Andrea sono i titolari di una piccola cantina a conduzione familiare, sono impegnati nella tutela della tipicità, della biodiversità e del biologico.
Rita, in particolare, è un concentrato di creatività, carattere e sensibilità. Semplicemente ascoltandola si avverte l’entusiasmo e l’attaccamento al territorio, il loro, per cui con il resto della famiglia hanno messo tutto in discussione fino a creare un gusto e uno stile proprio. “Volevamo portare Molino di Gazzata nel calice e produrre un vino di territorio, che in una certa terra e soltanto là offre certi profumi e certi sapori inimitabili – racconta Rita Lusvardi -. Il vino non è solo una bevanda alcolica, è, anche, e forse soprattutto, un testimone prezioso della nostra identità più radicata”. La vigna è il perno della loro azienda, è in vigna che si fa il vino senza forzature e senza correzioni. “Lavoriamo per salvaguardare la sanità e l’integrità del frutto, interveniamo il meno possibile in modo che il vino che otteniamo sia l’espressione di un determinato terroir, di uno specifico contesto pedoclimatico e di chi lo fa – ribadisce Rita Lusvardi -. Il nostro è un vino artigianale, facciamo tutto a mano dalla potatura, alla gestione del sotto vigneto, alla vendemmia. Abbiamo il privilegio di seguire ciò che accade in vigna passo dopo passo, anno dopo anno, in ogni fase; siamo dei facilitatori tra l’uva e il vino”. Nei sette ettari di proprietà, di cui 3,5 ettari vitati, si producono circa 35 mila bottiglie di vini frizzanti e metodo classico da Lambrusco Salamino, Lambrusco Grasparossa e Spergola.
La cantina, come il loro mood, ha un design moderno e minimalista. Particolare attenzione è stata dedicata alla scelta dei materiali tecnologicamente avanzati. La costruzione è stata realizzata con un innovativo sistema di laterizi che assicura isolamento ed inerzia termica, consentendo un controllo rilevante degli sbalzi di temperatura. Inoltre, il tetto giardino ha un effetto termicamente equilibrante in quanto trattiene nello strato di terra parte dell’acqua piovana che, evaporando lentamente impedisce l’eccessivo riscaldamento della copertura e contemporaneamente impedisce la fuoriuscita del calore del fabbricato nei mesi invernali.
Le etichette e i nomi dei vini, (Misfatto, NSD “never stop dreaming”, Mr x solo per citarne qualcuno), hanno una grafica essenziale e una forte identità visiva che si imprime nella mente. Queste piccole, ma potenti, parti del packaging racchiudono in sé l’essenza del marchio, comunicano i valori e le storie di Lusvardi wine. L’etichetta non è altro che la rappresentazione in verticale del logo di Lusvardi, consiste in tre acini d’uva, il primo rappresenta l’uva bianca, il secondo l’uva rossa e a seguire il terzo riporta al suo interno la elle, la lettera iniziale del brand. Gli eventi organizzati in vigna piuttosto che in cantina sono pensati per interagire e valorizzare il territorio. “La cantina non è più solo luogo dove si fa il vino crediamo nella contaminazione dei linguaggi: raccontare il vino attraverso musica, arte e letteratura trasforma tutto questo in bellezza – conclude Rita Lusvardi”.