Il fenomeno sta rapidamente guadagnando terreno nel panorama del Beverage, cavalcando la consapevolezza della salute, lo stile di vita sostenibile e l’innovazione gastronomica. Ne parliamo con Sofia Girelli, co-fondatrice di No/LoBolo, la prima fiera italiana dedicata agli analcolici, per scoprire come sta cambiando le abitudini e come sperimentiamo le bevande
di Federico Gordini e Emma Pagano
“Mi ribello, dunque esisto” scriveva il filosofo Albert Camus, che proseguiva: “Che cos’è un uomo in rivolta? È innanzitutto un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia”.
Potrà sembrare avventato il parallelismo tra gli scritti di Camus e la diffusione del fenomeno del No/Low alcol che, fino a poco tempo fa, non aveva neanche una propria categoria merceologica. “Nei locali, la proposta in termini di prodotti non-alcolici era avvilente”, conferma Sofia Girelli, co-fondatrice di No/LoBolo, la prima fiera italiana dedicata agli analcolici, andata in scena a gennaio 2024 a Bologna. “Qualche tempo fa ho dovuto sottopormi a degli esami medici che mi hanno spinto a ricalibrare il mio stile di vita dal punto di vista alimentare e di consumo dell’alcol. All’inizio ho smesso del tutto, ma sono socievole e mi piace uscire. Arrivata al bancone del bar però ero sempre affranta: l’offerta per chi non beve alcolici era inesistente, con una scelta che si riduceva inevitabilmente alle bevande gassate o al famoso ‘cocktail alla frutta’”.
Negli ultimi tempi però quella che sta andando in scena pare essere una vera e propria rivoluzione nell’industria del Beverage, tradizionalmente dominata – in termini di consumi o fatturato – dal reparto degli alcolici. “A volte ho l’impressione di rivivere i primissimi giorni della diffusione di internet”, confessa con entusiasmo Sofia, “è come se stessi partecipando ai primi passi di una trasformazione epocale”.
Photo courtesy: No/LoBolo
Il mercato No/Low Alcol infatti non solo si è ritagliato una propria fetta dell’industria del Beverage, ma sta crescendo rapidamente: le previsioni parlano di una crescita a doppia cifra, più del 20%, nei prossimi anni. Dalle più recenti ricerche, del resto, è evidente la tendenza crescente tra i giovani consumatori ad allontanarsi dal mondo degli alcolici: le nuove generazioni mostrano un interesse sempre maggiore per uno stile di vita più sano, sostenibile e consapevole. Molti sono attenti alla propria salute e benessere, e cercano alternative alle bevande alcoliche tradizionali: se il 64% dei consumatori nei 10 mercati principali dichiara di moderare il proprio consumo di alcol, la percentuale di consumatori che moderano il consumo sale al al 70% tra i Millennial e 75% tra i consumatori GenZ.
Rifiutare ma non rinunciare, per tornare a Camus: “Perché la scelta per chi non beve alcolici è ancora così limitata?”, si interrogava Sofia, finché un’amica non le suggerì di provare la Kombucha, una bevanda che si ottiene dalla fermentazione del the nero. “L’ho provata e ho pensato ‘qua si fa la rivoluzione!’. Guardandomi intorno, mi accorsi che c’erano sempre più produttori che realizzavano prodotti adatti a uno stile di vita senz’alcol, ma mancava chi ne parlasse”.
È nata così La Sobreria, la pagina Instagram di Sofia che unisce la curiosità per il mondo No/Low alcol con la sua professione di grafica: attraverso un’estetica pop e un linguaggio diretto e coinvolgente, racconta il panorama degli analcolici. “Con la mia pagina punto a stimolare l’attenzione e l’interesse delle persone, e di conseguenza la risposta da parte dei rivenditori e dei locali di somministrazione… nella speranza che trovare qualcosa che non sia una tonica, al bar, diventi la norma!”.
Sofia Girelli
Una volta socchiusa la porta, Sofia ha scoperto un mondo ampio e variegato: “Ho iniziato con i fermentati, poi ho esplorato le birre analcoliche. Ho viaggiato a Copenhagen che è una delle capitali per la produzione di ‘proxy’, una varietà particolare di bevande botaniche fermentante ottenute da miscele stratificate di frutta, tè, spezie, amari e legni. Poi sono andata a Londra, che è un’altra delle città dove i prodotti senz’alcol stanno facendo molto rumore: qui, da poco, è stata aperta un’enoteca dedicata esclusivamente ai prodotti analcolici. Ho iniziato a parlare con le persone: da una serie di contatti mi sono trovata a confrontarmi con Leonardo Zolfi, proprietario di Zoo Bakery, il locale dove si è svolta No/LoBolo, e con Niccolò Pagnanelli, che assieme a Riccardo Astolfi ha condiviso con me l’idea della manifestazione. Così è nata la prima fiera italiana degli analcolici”.
Un appuntamento unico nella nostra Penisola, ma che fa eco a un trend che sta prendendo sempre più piede anche nelle fiere di settore: una tra tutte, ProWein, la storica fiera del vino tedesca, che nel 2023 ha ospitato per la prima volta uno stand interamente dedicato ai vini privi di alcol e a basso contenuto calorico denominato “World of Zero”.
Photo courtesy: No/LoBolo
No/LoBolo si è svolta a Bologna il 15 gennaio scorso con un notevole successo da parte del pubblico e della stampa di settore: una risposta che nemmeno gli organizzatori si aspettavano.
“Ingenuamente ho detto sì, facciamo la prima fiera degli analcolici, e facciamola a gennaio che è il Dry January”, continua Sofia. “Non potevo sapere però che quest’anno l’hashtag #Dryjanuary avrebbe avuto un seguito enorme, e che la keyword ‘prima fiera analcolico’ avrebbe avuto un grande successo. Nonostante che la fiera fosse diretta agli addetti al settore, abbiamo avuto 350 presenze da tutta Italia: dalla Sicilia, da Napoli, persino dalla Svizzera… questo ci ha convinto che stavamo facendo la cosa giusta. La critica più grande che abbiamo ricevuto? C’era troppa gente, dovevamo cercare uno spazio più grande… ma allora non potevamo sapere che sarebbe andata così”.
All’appello di questa prima edizione hanno infatti risposto in ventisei, tra produttori e aziende di importazione e distribuzione, tra le quali spicca anche uno dei più noti brand dell’e-commerce del vino italiano, Call Me Wine. In degustazione, una serie di prodotti che si stanno proponendo sul mercato come alternative alle classiche bevande alcoliche, come quelle che sostituiscono vino e birra, le bevande fermentate, in particolare Kefir e Kombucha, infusi analcolici alternativi agli spirits, sode e tante bevande anche sperimentali.
E il pubblico? “Il 70% del pubblico era composto da professionisti di settore specializzati in stili di consumo ‘alternativi’: ad esempio la cucina vegetariana, vegana o orientata alla salute, che nei prodotti No/Low trova l’abbinamento ideale. Il restante 30%, invece, includeva professionisti del settore alcolico come produttori e distributori, interessati a capire il settore e valutare la possibilità di inserirsi, ma anche persone semplicemente ‘sober curious’. Per esempio due signore che ho incontrato durante una degustazione di bitter analcolici, che erano venute per scoprire nuovi prodotti zero alcol da proporre ai gruppi di Alcolisti Anonimi. Questo dimostra che ci sono molte motivazioni dietro l’avvicinamento al mondo del No/Low alcol”.
Photo courtesy: No/LoBolo
Hai riscontrato una prevalenza di un determinato target di età tra i partecipanti?
“I produttori presenti, compresi i piccoli distributori, sono per lo più persone tra i 25 e i 40 anni. Tuttavia, il pubblico è risultato essere più ampio di quanto previsto, e spaziava dai giovanissimi fino alla fascia intorno ai 55 anni. C’è una nuova tendenza nel bere che non si basa sul ‘tutto o niente’, che piace a molte persone”.
La tua prima passione sono il design e la grafica. Noti un trend, soprattutto nel mondo no/low, a lavorare su un tratto distintivo?
“Rispetto al vino, i prodotti non alcolici devono sforzarsi per convincerti a berli. Perciò, c’è una maggiore ricerca nella comunicazione, sia in termini di grafica che di posizionamento. Alcuni cercano di posizionarsi come prodotti premium, replicando i linguaggi tipici dei prodotti di alta gamma come lo champagne, mentre altri cercano di distinguersi con grafiche più trendy. Il settore è giovane, e i giovani prestano molta attenzione a questo aspetto”.
Come vedi la crescita del settore e a chi ruberà più posizioni di mercato rispetto al mondo degli alcolici?
La crescita del settore No/Low alcohol è indiscutibile, e credo che una delle categorie destinate a prosperare notevolmente sia quella delle birre senza alcol. Questi prodotti hanno saputo replicare con successo il sapore tradizionale della birra, offrendo un’alternativa facilmente sostituibile alle controparti alcoliche. La sfida della Kombucha, un prodotto di grande valore e potenziale, risiede nell’industrializzazione. La sua vitalità è compromessa dalla pastorizzazione, che influisce sulla qualità, oltre a creare ostacoli nella distribuzione dovuti alla necessità di mantenere la catena del freddo. Per quanto riguarda i ‘vini finti’, come li definisco, credo che la svolta avverrà quando i grandi ristoranti li inseriranno sempre più nei loro menu. Sarà necessario un po’ di tempo per affermarsi, così come sta accadendo con i distillati, nonostante la mixology stia già conferendo un notevole impulso grazie ai mocktail”.
Chi sceglie i prodotti zero-alcol e a bassa gradazione lo fa anche per spendere di meno?
Nel contesto degli analcolici, il consumatore è disposto a investire tanto quanto farebbe per i prodotti alcolici, il che rappresenta un vantaggio significativo dato che le bevande senza alcol non sono soggette a tasse. Negli Stati Uniti, ad esempio, esistono prodotti analcolici che raggiungono prezzi di 40 euro, confermando che il valore attribuito all’analcolico non conosce limiti”.
Photo courtesy: No/LoBolo
Tu ti sei convertita del tutto o sei una “substituter”?
Personalmente non consumo alcol abitualmente, ma potrei concedermi un drink il sabato sera, o a una festa, un’occasione… La mia scelta dipende molto dall’offerta disponibile: se l’alternativa si limita a cocktail alla frutta, opto per un classico gin tonic.
Il tema dell’abbinamento col cibo è sentito dall’analcolico?
In Italia, l’abbinamento tra bevande analcoliche e cibo è una novità che sta guadagnando terreno. Ultimamente stiamo sperimentando vari appuntamenti di degustazione che abbinano per esempio la Kombucha a preparati gastronomici. Nonostante che il costo non fosse bassissimo, al primo di questi appuntamenti gli ospiti sono usciti piacevolmente stupiti da questa esperienza culinaria unica. L’impressione è che, una volta avvicinate ai prodotti No/Low alcohol, le persone ritornino per assaggiarli ancora”.
I dati confermano questa tendenza: quasi un quinto (17%) di tutti i consumatori di analcolici nell’ultimo anno sono nuovi consumatori. E se ritorneranno, quali saranno gli effetti sull’industria del beverage?
Se continueranno a portare stimoli, entusiasmo e una proposta sempre più ricca e variegata, rispondiamo noi, allora che rivoluzione sia.
Photo courtesy: No/Lo Bolo, La___Sobreria