La Jurassic Park di Aurete - Milano Wine Week 2022

La Jurassic Park di Aurete

Giovanni, Eugenio e Paolo sono tre esploratori che da Esperia, nel basso Lazio, percorrono millenni di storia tra dinosauri, glaciazioni, anfore e vulcani alla scoperta dei propri vitigni autoctoni.

di Nello Gatti

Possiamo definirvi la “Jurassic Park” del Lazio?

Bel nome, noi però non abbiamo scoperto niente. Le orme di dinosauro sono un’attrazione del posto sui monti di Esperia (FR) nel parco naturale dei Monti Aurunci, ampiamente documentate con info e foto sui motori di ricerca. Quando le abbiamo viste siamo rimasti meravigliati e abbiamo capito il nesso col mondo del vino. Abbiamo poi semplicemente cercato di valorizzare l’importanza di queste impronte e la geologia dei suoli per la viticoltura del territorio, fattori già conosciuti anche dagli antichi greci e romani. Suoli fertili ricchi di minerali. 

Quali sono i vitigni autoctoni del territorio?

In primis la Reale bianca, una vera scoperta. Ci ha affascinato sin da subito attraverso una micro vinificazione di pochi quintali (era il 2017). Uve comprate dai vicini e vinificate in bianco, per prova. Buonissima, fresca e minerale, durante le prime vendemmie nel 2020 e ‘21 abbiamo preferito vinificare con le bucce, macerandole per ottenere un Orange (il vitigno e l’uva dalla buccia spessa si prestano molto e comunque bisogna provare per interpretare bene il vitigno essendo quasi sconosciuta la vinificazione). Nella vendemmia ’22 invece abbiamo riproposto una versione in bianco, sempre in anfora. Il Raspato già lo conoscevamo, è presente da sempre a Esperia e avevamo assaggiato quello di un nostro amico produttore di ARCE (Fr-Palazzo Tronconi). Bel vino, fruttato, tannini morbidi, molto territoriale e gastronomico. 

Come avete deciso di vinificare e a quali risultati state puntando?

Vinifichiamo in maniera più naturale possibile in base all’annata, lavorando in biologico e in biodinamica nei vigneti. Parte tutto dai suoli e dalla vigna, una conduzione artigianale per portare in cantina uva più sana possibile. Fermentazioni spontanee, lieviti indigeni, nessuna chiarifica o filtrazione, e l’anfora. Alla fine i vini corrispondono esattamente all’uva raccolta durante la vendemmia, (non sempre cosa ovvia), all’annata, se di pioggia o siccitosa.

Qual è il vostro approccio con il mercato e quale strategia utilizzate per fare conoscere voi e il vostro territorio?

Cerchiamo di partecipare alle fiere di vino naturale, fare serate in enoteca e nei ristoranti, non solo per farci conoscere ma soprattutto per capire, attraverso feedback continui, se stiamo facendo bene, se i vini piacciono e così via. Che poi è la parte più bella perché si tratta sempre di una bottiglia di vino, una cosa semplice ma complessa allo stesso tempo, che si stappa e si beve in compagnia, facendo due chiacchiere con chi lo degusta e lo apprezza, si spera. Come il momento divertente che ci ha fatti conoscere in fiera e che, nel nostro piccolo, fa parte delle soddisfazioni più grandi del nostro lavoro. 

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