Luigi Taglienti e Annarita Granata raccontano la loro cucina fuori dagli schemi: “Abbiamo stravolto la cantina per farla dialogare con i piatti del territorio. Largo alle etichette italiane!”
di Alessandra Meldolesi
Sono più di tre anni che Luigi Taglienti, uno dei più geniali cuochi italiani, si è stabilito a Piacenza, dove esprime la sua creatività presso Io, fine dining informale dalla cucina implacabile. “Siamo partiti dall’idea di un’italianità riconoscibile, ma dalla timbrica di sapori personali. Nel tempo le abbiamo affiancato un menu del territorio di matrice tradizionale, composto di 4 o 5 corse, per offrire la possibilità ai locali di inquadrarlo da nuove prospettive e a chi arriva da fuori di scoprirlo. Per esempio la carne cruda di cavallo è diventata la ‘piccola’; oppure il tortello, il musetto di maiale con le mostarde e per dessert la rilettura della torta di Vigolo. In seguito, abbiamo deciso di rimpiazzare questa proposta con un percorso di una dozzina di portate, chiamato ‘Territorio Visione’, basato sulla nostra ricerca sulle salse, ma espresso con prodotti perlopiù locali e un respiro libero di interpretazione. Non vogliamo chiudere gli occhi e insistere solo sul territorio, ma operare una sintesi del tempo che viviamo in questo luogo. Quindi abbiamo portato avanti la nostra esplorazione, approfondendo la conoscenza dei produttori locali. Anche nel vino abbiamo voluto dare visibilità ai nuovi vignaioli con una pagina intera dedicata, dove scelgono in prima persona le loro espressioni più interessanti. E devo dire che abbiamo trovato cose molto sorprendenti. Annarita Granata aveva già lavorato con me al Lume di Milano in qualità di sommelier e col suo contributo abbiamo maturato una visione a 360 gradi”.
Granata: Io, professionalmente ho mosso i primi passi nella ristorazione di famiglia nel Lodigiano, poi nel 2018 abbiamo chiuso e con mio fratello ci siamo diretti verso esperienze fuori zona. Ho trascorso 4 anni e mezzo in hotel a Courmayeur e ho studiato da sommelier, tenendo anche docenze. Già al Lume con lo chef ci eravamo trovati benissimo grazie a una linea di condotta molto simile, nel senso che provenendo entrambi dalla ristorazione classica, abbiamo in mente gli stessi paradigmi di rispetto del territorio e della materia prima. I suoi sono piatti molto studiati ma anche intuitivi, che seguono una filosofia personale e abbinarli non risulta mai banale. Il Piacentino poi è un territorio la cui espressione vinicola nel percepito è quasi elementare, si pensa subito al Gutturnio, un vino semplice e frizzante. Invece abbiamo scoperto vignaioli giovani anche nel senso della modernità, che ci hanno sorpreso.
Taglienti: Io non mi definisco un conoscitore di vino, ma pur adorando i grandi blasoni, mi piace scoprire etichette inusuali. La possibilità di bere in modo sorprendente a prezzi accessibili rappresenta per me un valore aggiunto, più che mai in un territorio che è sempre stato da grandi numeri. Quindi ci siamo sforzati di uscire dal concetto del già sentito per spaccare un muro e costruire un network di comunicazione nostro. Oggi da Io è possibile scoprire vini altrove introvabili e che comunque si distaccano dal concetto di bevuta del territorio
Granata: Al mio arrivo ho trovato una cantina molto buona, con un’ampia rappresentanza del territorio, dell’Italia e un po’ di estero, soprattutto Francia, qualcosa di Portogallo e Germania. Siamo andati avanti per un po’ su quelle guide, poi abbiamo deciso di stravolgere il concetto di carta dei vini. Oggi inizia con l’Emilia Romagna, battuta a tappeto in tutte le tipologie, mentre i fermi dal resto d’Italia andranno a esaurirsi. Le bollicine, sia italiane che estere, ritengo supportino bene i piatti dello chef e sono ben presenti, più una quota di fermi esteri, con piccole maison francesi e tedesche. È facile comporre una grande carta con poca anima, ma la nostra è studiata per questo luogo e per questa cucina. Il percorso di pairing del menu Territorio Visione mette in fila 7 bianchi locali che sono uno diverso dall’altro, non tanto per ragioni ampelografiche, quanto per provenienza e tecniche di produzione.
Taglienti: E sono vini che per mineralità, sfumature e acidità talvolta non sembrano nemmeno bianchi. Li puoi bere al calice, ma una bottiglia in due non stanca, tanto sono freschi ed equilibrati.
Granata: È una scelta un po’ audace, sicuramente difficile, che spesso sorprende gli ospiti. Dopo avere assaggiato i vini, li ho messi in fila e ho detto: proviamo! Può trattarsi di Ortrugo, Malvasia o vitigni internazionali, che i produttori sono riusciti a declinare in modo originale attraverso la macerazione o l’affinamento. È vero che in seguito alle nuove norme sentiamo un po’ di resistenza nel bere, ma riusciamo a tornare in bolla grazie alla scelta al calice anziché alla bottiglia, che consente di assaggiare piacevolmente senza troppi crucci. Spesso poi nei tavoli c’è qualcuno che non beve, proprio per organizzare i trasporti. Sul distillato invece la retromarcia è stata forte, ne basta poco per superare i limiti.
Taglienti: Avere una carta snella ci permette di assaggiare costantemente, cosicché la scelta di un piatto può avvenire anche dopo aver capito un vino. Una nuova ricetta nasce dall’istinto, dall’intuizione, da un’interpretazione più o meno territoriale o dal fatto che magari un assaggio mi ha colpito e mi ha spinto a cercare di combinare diversamente gli elementi. È il caso della Torta di bietole, nuova visione del vegetale ispirata dalla Malvasia Callas di Monte delle Vigne, cha ha un naso esplosivo ma elegante grazie all’affinamento in anfora e un’acidità capace di sostenere le creme. C’è la fonduta di formaggio, poi il vegetale e gli agrumi, ma è stata la Malvasia con la sua aromaticità a istradarmi, perché regge tutte le dimensioni.
Granata: E lo stesso tasso di istinto vige in sala. È vero che abbiamo identificato vini che vanno in abbinamento, ma in base alle disponibilità degli ospiti siamo sempre pronti a spostare il pairing.
Taglienti: È tutto molto veloce, voglio che il piatto abbia energia, fino alla soglia dell’imperfezione. In base alle 15 salse che girano in cucina, possiamo modulare le ricette, ma tutto nasce in modo istintivo. Ogni tanto teniamo qualche seduta di assaggio abbastanza canonica, ma prediligo una maggiore dinamicità, anche perché il piatto in cucina può cambiare ogni giorno.
Alessandra Meldolesi
Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent’anni.