Oslavia, 641 abitanti e un nome su tutti: Radikon. Sarà Saša a condurci tra Italia e Slovenia, botti e macerazioni, in cui il fenomeno degli “orange” non vuole sovrastare i dettami del tempo in un rapporto di rispetto e dedizione reciproca.
di Nello Gatti
L’evento Vinari che si è tenuto lo scorso febbraio a Milano è stato discusso alla vecchia maniera, tra altri produttori, a casa tua. Com’è andata e quali altri appuntamenti avete deciso di organizzare?
L’evento Vi.na.ri. è nato da un’ispirazione, dalla volontà di riunire tutti i produttori di vini naturali degni di questo nome sotto lo stesso tetto. Per creare un evento di questo spessore l’unico modo era metterci la faccia, ed è per questo che si è reso necessario il confronto diretto di persona. Il primo incontro è in effetti stato fatto a casa nostra, ma poi le riunioni sono state tante altre e al momento non abbiamo in programma come Vi.na.ri. (VIgnaioli NAturali RIuniti) altri eventi, se non lo stesso Vi.na.ri. 2024.
Parlaci di Oslavia, le sue peculiarità e il rapporto uomo-vino che si è tramandato fino ad oggi.
Oslavia è un fazzoletto di terra estremamente vocato alla viticoltura per le sue colline ed esposizioni. Tutta l’area ha purtroppo subito la devastazione della prima guerra mondiale e questo ha marcato lo stretto rapporto dell’uomo nel riappropriarsi delle sue radici. Nella ricostruzione, delle case prima e dei vigneti poi, c’è sempre stato un contatto profondo tra la ponca e l’uomo che la coltiva: duri entrambi, solo la pazienza riesce a coglierne il lato più affascinante. E forse proprio perché questo terreno è così duro da lavorare, costringe l’uomo a dargli tutto il suo amore e la sua conoscenza. Chi dà amore alla terra non può non dare amore ai propri figli, siano essi vino o persone.
Radikon Saša, foto crediti Massimo Crivellari
Quali sono i principi cardine che applichi in vigna e in cantina per produrre i tuoi vini?
Sia in vigna che in cantina, la prima regola è il rispetto. Rispetto per quello che la natura ci dà, rispetto per tutto quello che ci circonda, rispetto del tempo che ci vuole per ogni operazione. La vigna ha dei tempi imposti dalle stagioni, mentre in cantina sono i vini a dettare il ritmo.
C’è ancora spazio per nuove sperimentazioni? Qual è l’ultima etichetta da te lanciata?
C’è sempre spazio per l’evoluzione e le idee sono tante. In ogni vendemmia si presentano nuove sfide e acquisiamo un bagaglio conoscitivo più ampio e la sperimentazione continua e costante ci permette di essere più preparati ai cambiamenti. L’ultimo nato di casa Radikon è l’RS, un uvaggio di Merlot e Pignolo, anche questo prodotto da un’idea di base portata avanti con delle sperimentazioni e col quale stiamo ancora sperimentando: dopo decenni di vini rossi a lungo invecchiamento dobbiamo ancora affinarlo secondo il nostro gusto personale per dichiararci completamente soddisfatti; il problema, come sempre, è che abbiamo solo una vendemmia all’anno.
Radikon, foto crediti Massimo Crivellari
Ci sono nuovi trend e nuove consapevolezze. Qual è lo stato attuale del tuo mercato di riferimento e quali passaggi dovremmo tenere sott’occhio?
Il mercato per i vini macerati ha avuto una forte evoluzione negli ultimi anni, alcuni mercati sono cresciuti in modo stabile, altri meno. I mercati più pericolosi sono quelli più recenti e quindi meno preparati a bere questi vini. Oggi come ieri, il cliente va educato, anche se ormai l’educazione non arriva più solo da noi, ma molto spesso da altri clienti nostri “seguaci”. Noi in genere preferiamo quindi aprire nuovi mercati con piccoli ordini, proprio per verificarne la solidità nel tempo.
Un’anteprima della prossima annata: come si sta comportando la vigna quest’anno e quali sono le tue prime impressioni?
Un’anteprima è sempre difficile da dare. Il 2023 è sicuramente un’annata difficile dal punto di vista climatico, che riserva diverse sfide. Con attenzione scrupolosa e un po’ di esperienza, stiamo affrontando anche questa stagione con una relativa serenità: alla natura non si comanda.
Foto copertina Radikon, crediti Dean Dubokovic