Giampiero Salvi, 95 anni, un’infanzia faticosa, una carriera di successo nella moda. E’ passato dai bicchieri di birra ai francobolli, dalle cartoline alle monete: “Mi affascinano la varietà e la fantasia. La mia miniera è Milano Wine Week”
di Luca Serafini
È nato Orio Litta (prima era in provincia di Milano, ora di Lodi) il 1° ottobre del 1930. Ha perso la mamma a 6 anni e il papà poco dopo, così finite le scuole medie dovette iniziare a lavorare: “Mia sorella fu adottata da una zia, rimanemmo in casa io e mio fratello”.
Faceva il “magutt”, il muratore, “quando non c’erano le carrucole e i secchi di calce si caricavano sulle spalle salendo sulle scale di legno”. Mangiava e dormiva dai preti, tra regole ferree e restrizioni dure da accettare per un adolescente che non aveva svaghi, non aveva riposo tra una cazzuola e l’altra: “Tornavo a Orio solo il sabato per stare con mio fratello”.
La svolta quando entrò in un’azienda finanziaria tessile come rappresentante: “La paga era bassa, ma mi diedero un terreno da coltivare. Nel frattempo mi trasferii in città, a Milano”. In poco tempo la sua rete di clienti toccò il sorprendente numero di 270: “Mi diedero una segreteria telefonica, un ufficio, una volta venne a Milano il capo con il suo autista e si fermarono una settimana. Mi portava fuori a pranzo e cena, era una pacchia. Mi coccolavano e mi viziavano. Mi portavano alle sfilate a Sanremo, a Pavia, a Salice Terme. È andata bene, ma per questo lavoro ho percorso decine di migliaia di chilometri… A 63 anni ho detto basta, ero stanco. Mi hanno dato una targa d’argento e mi sono ritirato”.
Si gode la moglie e, quando può, la figlia che vive lontana: “Da pensionato mi annoiavo un po’ e allora ho iniziato a collezionare promocard, poi francobolli, monete (ma erano troppo care), boccali per la birra (ne ho circa 500) che rubavo nei bar o me li regalavano: non valgono niente, è solo fatica per tenerli puliti…”.
Da un paio d’anni colleziona tappi di bottiglie di vino, in particolare champagne, moltissimi francesi: ne possiede quasi 3000 ormai: “Mi piacciono più dei bicchieri, dei francobolli e delle monete: hanno una varietà e una fantasia che amo, specialmente quelli moderni”.
Come te li procuri? “Compro qualche bottiglia, oppure scrivo alle cantine per mandarmeli. Molte però non mi rispondono nemmeno”. La vera miniera è però nella sua Milano, alla nostra Milano Wine Week. “Una manna, me ne regalano a bizzeffe, passo le giornate tra uno stand e l’altro, vado a un sacco di eventi. A ottobre 2024 una ditta siciliana ha realizzato una capsula con la regione stampata fuori e le verdure tipiche all’interno: è stato eletto tappo dell’anno. Ora la Ziliani di Brescia li fa con le faccine, ha iniziato una serie originale anche la Santero”.
Si fa fatica a crederlo, ma c’è persino un mercato nero dei tappi nel sottobosco: “Noi italiani siamo furbi, persino nel buggerare i collezionisti: qualche stampatore fa affari per conto suo, magari per 40 capsule appena uscite ti chiedono 100-120 euro. Io non li compro di certo, ma non mi arrendo: vado avanti come sempre, con fatica e con passione”.
Luca Serafini
Dal 1° febbraio 2024 direttore responsabile di Vendemmie, giornalista e scrittore, ha una lunga carriera televisiva alle spalle ed è tuttora opinionista sportivo tra i più apprezzati. Ha pubblicato saggi e romanzi, con “Il cuore di un uomo” (Rizzoli, 2022) ha vinto il premio letterario “Zanibelli Sanofi, la parola che cura”.