Il custode della tradizione centenaria che porta il suo nome, racconta la Borgogna: “Coltivare questi terreni è un onore, il cambiamento climatico non ferma la magia perché la vite si adatta”
di Marina Alaimo
Il Domaine Henry Boillot in Borgogna compie 100 anni di storia, di vini straordinari e unici. A Capri ha preso il via il tour di presentazioni esclusive tenute da Henry, discendente e omonimo del fondatore, dell’annata 2023 dei suoi vini nella Côte de Beaune. Inizialmente austero, monsieur Boillot si è poi gradualmente sciolto, anche divertito, in racconti avvincenti sulle storie di famiglia legate al vino e alle vigne, sulla sua continua ricerca della perfezione, una follia che incarna la personalità di un uomo così appassionato. I vini di Henry Boillot sono riconosciuti nel mondo come massima espressione della Borgogna e questa generosa degustazione di più etichette ne ha dato piena conferma. Abbiamo colto l’occasione per intervistarlo – la degustazione si è tenuta presso il ristorante La Piazzetta da Gregorio.

100 anni di grandi vini di Borgogna. Qual è il segreto di una storia del vino così lunga e coronata di successo?
Un secolo per la famiglia Boillot nel mondo della vigna e del vino. Questa vocazione e passione vengono trasmesse di generazione in generazione. L’amore per il lavoro ben fatto, la ricerca costante della perfezione sono, per quanto mi riguarda, un’infinita insoddisfazione. Tanti dubbi e pochissime certezze.
Quali priorità si è posto il vostro Domaine per garantirne la continuità nel tempo?
La priorità principale è la continuità del Domaine. Trasmetterlo alle generazioni future affinché la famiglia Boillot continui ad esistere in Borgogna. Questo è il mio compito principale al momento, con tutta la complessità derivante dal peso della burocrazia e della fiscalità francese.
La magia dei vini di Borgogna risiede prima di tutto nella sua geologia. Ce ne può parlare?
Effettivamente, i suoli borgognoni sono magici. Si tratta di marne giurassiche arricchite da potenti calcari gialli in alcuni punti, in particolare nella Côte de Beaune, nei villaggi dove lo chardonnay ha davvero trovato la sua quintessenza.
Nella Côte de Nuits si trovano argille rosse specifiche che conferiscono i tannini potenti e setosi presenti nei vini dei villaggi della zona.
La geologia è l’unica componente immutabile del terroir. È completata dal clima, dai vitigni borgognoni (Pinot Nero e Chardonnay), ovvero dall’elemento vegetale, e dal fattore umano. Noi siamo i servitori di questi tre elementi, soprattutto i più fortunati.

Il vino è quasi sempre una storia di famiglia. Durante l’evento a Capri, ha espresso la sua preferenza per il Clos de La Mouchère, che con i suoi 4 ettari è il più grande monopolio della Borgogna. Può spiegarci perché questo vino è così eccezionale e condividere con noi i ricordi e le emozioni che la legano ad esso?
Questa parcella riassume da sola tutta la storia della mia famiglia. 88 anni, 4 generazioni.
Immaginate cosa può essere successo. Per quanto mi riguarda, credo di aver imparato a camminare dentro al Clos. Sono cresciuto in mezzo a quei filari.
Oggi è un onore, una fortuna poterlo lavorare e vinificare. Non deludere le generazioni precedenti. Esaltare questo vino fino a farne uno dei più grandi Premier Cru del villaggio di Puligny-Montrachet.
Il 2024 è stata la mia 45ª vinificazione del Clos de la Mouchère. È una storia molto lunga, in cui si intrecciano rispetto, conoscenza del terroir e orgoglio di esserne il depositario.
Questa parcella e io siamo come una vecchia coppia, una certa forma d’amore.
Attendo con impazienza il millesimo 2025 per scrivere il seguito di questa storia.
Tra gli chardonnay degustati, il Corton Charlemagne Grand Cru 2023 si è particolarmente distinto. Può parlarci di questo grande vino?
La collina di Corton è composta da calcari leggermente più bianchi e duri. Ci si avvicina alla selce, pietra focaia e argilla rossa.
La particolarità del Corton: è l’unico vino bianco prodotto in Borgogna che dà una sensazione tannica.
Le note di degustazione sono le seguenti:
Colore: giallo pallido, riflessi verdi
Naso: leggermente affumicato, mineralità di selce, aromi di frutta bianca (pera)
Palato: attacco molto netto, grande potenza e soprattutto una bellissima energia. Ottimo equilibrio tra la struttura del vino e l’acidità. Finale tannico.
Ha parlato di un metodo di produzione basato sul rispetto e sulla precisione. In cosa consiste?
Tutto comincia in vigna: rispettiamo la pianta, rispettiamo i suoli.
Nonostante le condizioni climatiche talvolta imprevedibili, bisogna riuscire a produrre l’uva più bella possibile. Se questo obiettivo è raggiunto, il lavoro del vinificatore ne risulta notevolmente facilitato. Con frutti di qualità si ottengono mosti e materia prima precisi, nel rispetto delle tradizioni ancestrali della Borgogna.
Il cambiamento climatico impone delle scelte. Cosa è già cambiato nelle vostre vigne e nei vostri vini? E come pensate di affrontare questa problematica?
Il cambiamento climatico è un tema vasto e rappresenta una sfida importante per i prossimi anni. Il vero punto di svolta climatico risale a 25 anni fa, con un’accelerazione significativa nel 2003.
In breve, ho iniziato la mia carriera di viticoltore poco più di 50 anni fa. All’epoca, si vendemmiava tra il 5 e il 10 ottobre. Dal 2003 ad oggi, ho vendemmiato 17 volte nel mese di agosto. In sintesi, in 50 anni abbiamo guadagnato 35 giorni di precocità.
Non possiamo e non dobbiamo più negare il riscaldamento climatico.
Abbiamo modificato i nostri metodi di coltivazione aumentando l’altezza dei filari per ottenere più ombra proiettata. Abbiamo anche lasciato un fogliame più denso per proteggere i grappoli dal sole, evitando così l’ustione del frutto durante le ondate di calore.
Ma ciò che sorprende di più è la rapidissima capacità di adattamento della pianta a questi cambiamenti climatici.
La vera domanda da porsi è: se l’aumento delle temperature continuerà, la pianta resisterà?
Purtroppo non ho la risposta, ma ho fiducia nella resilienza di un ceppo di vite, perché in 2500 anni sul territorio francese ci sono stati molti cambiamenti, e la qualità dei vini non ha mai smesso di migliorare.
C’è senza dubbio una parte di follia nella ricerca di vini così profondi. Qual è il prezzo di questa follia?
È una follia lucida. La ricerca dell’eccellenza è la mia motivazione. Ogni giorno mi ripeto questa frase: quando ci si allontana dall’eccellenza, ci si avvicina molto rapidamente alla mediocrità. Ogni anno cerco di avvicinarmi al vino perfetto, lo immagino nei miei sogni più folli, ma sono ancora lontano. Quindi eternamente insoddisfatto, ma sempre alla ricerca.
Cos’è per lei il vino?
Il vino è storicamente un prodotto nobile. L’anima del vino rallegra i corpi e scioglie le lingue.
Il vino crea incontri, lega amicizie profonde, può essere all’origine di grandi storie d’amore. È anche un ascensore sociale.
In vino veritas.
Qual è il vino più difficile da produrre, e perché?
Tutti i vini sono difficili da produrre. Ma ce n’è uno particolarmente delicato: il vino per i miei amici.
E poiché tutti i nostri clienti sono miei amici, ogni anno il grado di esigenza è al massimo.
Far piacere, diventare un mercante di felicità effimera.
Se avesse la possibilità di esprimere un desiderio, quale sarebbe?
Il mio desiderio: cercare di avvicinarmi a un vino ideale. Un programma immenso!

Marina Alaimo
Giornalista Napoletana, rimasta a Napoli per scelta, collabora con
diverse testate e guide specializzate nel settore food and wine da molti anni. Sommelier, il viaggio nel mondo del vino è iniziato proprio frequentando un corso AIS e la folgorazione è stata totale, irresistibile, fino a scegliere di cambiare totalmente il corso della propria vita.