Viaggio a Montalbera, un’azienda agricola a cavallo tra il Monferrato e le Langhe. Si produce Ruchè, offrendo 4 tipologie di suites, percorsi sulle colline a piedi o in bicicletta, visite guidate alle cantine, vasche con idromassaggio e una piscina
di Luca D.F.
Quando si parla della tenuta Montalbera, agli addetti ai lavori del settore vinicolo viene subito in mente il vino Ruchè. A Montalbera, infatti, la famiglia Morando produce questo vino rosso che negli ultimi decenni ha ottenuto certificazioni importanti: nel 1987 è arrivata la DOC e nel 2010 la DOCG. Oggi, il Ruchè è apprezzato sia in Italia che all’estero per le sue caratteristiche uniche che hanno origine da quello straordinario terroir che è il Monferrato. L’azienda agricola Montalbera possiede 115 ettari a Castagnole Monferrato e 15 ettari a Castiglione Tinella nelle Langhe. Oltre al Ruchè, la famiglia Morando produce il Grignolino d’Asti, il Barbera d’Asti, il Monferrato Nebbiolo, il Viognier, il Moscato d’Asti DOCG San Carlo, lo Spumante metodo classico Pas Dosè 120+1, lo Spumante metodo Martinotti nelle versioni Brut Cuvée Rosé, Extra Dry Cuvée Blanche ed Extra Brut Pinot Noir. Con grande orgoglio, sul sito di Montalbera, la famiglia Morando scrive che “circa il 60% del Ruchè DOCG dell’intera denominazione è di nostra proprietà”. Franco Morando è il direttore generale di Montalbera, anche se lui ama definirsi soprattutto un contadino, e con lui abbiamo parlato del vino Ruchè e del presente e del futuro dell’azienda agricola che lo produce. Lo abbiamo incontrato a Montalbera nel corso di un evento organizzato venerdì 21 giugno per presentare alla stampa i nuovi progetti dell’azienda tra cui spicca quello dedicato al settore dell’ospitalità. Ringraziamo per la preziosa collaborazione Stefania Mafalda, titolare di SM Studio che da anni collabora come ufficio stampa ad eventi del settore vinicolo.
Dott. Morando, perché avete voluto puntare sull’ospitalità?
“Abbiamo iniziato pensando di offrire la possibilità di conoscere queste meravigliose colline con i nostri vitigni ai nostri clienti più importanti, poi è stato naturale pensare di offrire a tutti la stessa opportunità. Per capire la bellezza del nostro territorio, è necessario passarci qualche giorno, sentirne i profumi, esplorarne i sentieri a piedi o in bicicletta. Questo è il terzo anno che siamo attivi nell’ospitalità. Abbiamo quattro tipologie di suites; Queen Superior, King con balcone, King Deluxe e King Superior. Le nostre tariffe vanno dai 125 euro ai 225 euro a notte. Non offriamo la colazione, ma nelle camere offriamo una piccola pasticceria e il necessario per farsi il caffè o il tè. Sono inclusi nel prezzo un calice di benvenuto e una visita alle cantine sotterranee. Organizziamo anche percorsi di wine trekking e biking. Fuori dalle suites, ma sempre all’interno della tenuta abbiamo una terrazza e due vasche con idromassaggio. Per la prossima estate sarà pronta una piscina 12 x 6 in cui l’acqua sarà sempre ad una temperatura di 30 gradi. L’anno prossimo saranno pronte altre due suites ed altri servizi. Tutti gli appassionati di vino sono benvenuti, soprattutto quelli che ancora non conoscono il Ruchè”.
Per quale motivo il Ruchè è meno famoso di altri vini piemontesi?
“Credo che il motivo principale sia che le aziende che lo producono sono di piccole dimensioni e non possono permettersi grandi investimenti pubblicitari e nemmeno di ingaggiare un ufficio stampa. In secondo luogo, all’interno dell’associazione dei produttori ci sono opinioni divergenti su vari punti. Un esempio: la Riserva. Alcuni la vogliono, altri no. Io mi sono sempre chiesto: perché privarsi della possibilità di fare la Riserva? Chi non la vuole è libero di non farla, ma non deve impedire agli altri di produrla. L’associazione è una cosa diversa dal Consorzio, che è molto forte. Io sento vicine anche le istituzioni italiane con cui di recente sono stato in Cina a promuovere il nostro vino, due volte con la Provincia di Asti e una con la Regione Piemonte”.
Il Ruchè può essere considerato simile ad altri vini?
“Noi abbiamo sempre pensato che il nostro vino sia unico mentre altri ritenevano che fosse un clone del nebbiolo o del pinot nero o della lacrima di Morro d’Alba. Allora abbiamo investito in un progetto di estrapolazione del DNA. Abbiamo lavorato per due anni, in sei diversi momenti dell’anno, abbiamo fatto analizzare il DNA e il risultato è che il Ruchè ha una vicinanza di solo due picchi di DNA in comune su dieci con il pinot nero. L’unicità del Ruchet è una sicurezza imprenditoriale per continuare ad investire su questo vitigno”.
Dicono che in Cina il vino europeo dominante sia quello francese perché i produttori francesi sono andati in Cina tutti insieme e con il ministro dell’Agricoltura a promuovere il loro vino dicendo ‘Comprate vino francese, non importa quale, è tutto buono’ mentre i produttori degli altri paesi non hanno seguito questa strategia: ognuno è andato da solo a promuovere il suo vino. Qual è la sua opinione al riguardo?
“Credo che il vino francese abbia grande successo in Cina e anche in Europa, penso a Londra, non solo per la qualità del vino, ma anche per la qualità del packaging e per la possibilità di inserire nell’etichetta parole come Riserva, Gran Riserva e Selezione che rendono più attraente e danno un senso di esclusività alla bottiglia. Inoltre, riescono a vendere a prezzi molto bassi il vino da tavola. Un mio conoscente americano ha acquisito due cantine francesi, quando ho visto la bellezza delle bottiglie, la cura con cui le hanno realizzate, pensavo che il prezzo fosse di almeno 50 euro. Invece, era inferiore ai dieci euro. Sul resto non commento. Come ho già detto, ho sempre sentito molto vicine le istituzioni italiane”.
Lei parla molto di promozione, ufficio stampa, packaging, nome del prodotto. In definitiva, limitarsi a produrre un buon vino non è sufficiente ad avere successo?
“Non basta e non da oggi. Lo dimostra il più grande errore fatto dal nostro settore negli ultimi trent’anni: la perdita della denominazione tocai. Dalla sera alla mattina, diversi produttori hanno smesso di vendere bottiglie solo perché non potevano più chiamare tocai il loro vino. Spero che non ripeteremo più questo errore”.
Anche organizzare eventi serve alla comunicazione di un’azienda vinicola?
“Certamente ed è per questo che abbiamo organizzato l’evento odierno alla tenuta Montalbera. Il nostro obiettivo primario è tenere viva la memoria del nostro fondatore Enrico Riccardo Morando con la produzione di questa bottiglia Ruché di Castagnole Monferrato DOCG Riserva Il Fondatore. Abbiamo invitato giornalisti delle principali testate nazionali, offrendo loro un aperitivo con salumi e formaggi piemontesi ed una cena che abbiamo titolato ‘Dritto al cuore’ sempre a base di piatti della nostra regione. Il nostro enologo ed altri nostri collaboratori hanno illustrato il loro lavoro per far capire quanto lavoriamo e con quanta passione. Contiamo di aver raggiunto il nostro obiettivo”.
Luca D.F.
Giornalista poliedrico ma specializzato in sport e spettacolo, collabora con quotidiani, periodici e riviste online vantando una lunga milizia radiotelevisiva. Ha scritto per Corriere della Sera, Il Giornale, Controcampo, Men’s Health Italia, Guerin Sportivo, Jack e Progress.