Il sempre popolare ex campione del mondo dei pesi massimi parla di vino, cibo, delle sue trasferte americane, di Mike Tyson e della sua esperienza da attore
di Luca D.F.
Francesco Damiani è uno dei pochi pugili italiani ad essere sempre stato molto popolare anche fuori dal ring, perché ha capito presto l’importanza di essere presente con continuità sui mezzi di comunicazione. Non si è mai negato a nessun giornalista, a nessuna testata. Era normale leggere le sue interviste sui quotidiani sportivi, ma anche su riviste, magazine o in televisione in programmi che niente avevano che vedere con lo sport: 6 anni dopo il ritiro, è diventato ancora più famoso partecipando ogni venerdì ad “Casa Mosca”, il programma ideato e condotto da Maurizio Mosca e trasmesso in diretta dalle 20.30 alle 22.30 dagli studi di Antenna 3 Lombardia e Telenova.
Inizialmente, “Casa Mosca” veniva trasmesso solo in Lombardia, ma il successo in termini di ascolti fu talmente grande che ben presto altre reti televisive del Nord Italia lo diffusero in diretta aumentando notevolmente il numero degli spettatori. In quel programma, Francesco Damiani dimostrò di sentirsi a proprio agio davanti alle telecamere: il pubblico si divertiva a sentirlo parlare e a vederlo improvvisare scenette con i campioni di altri sport da ring. Non ha stupito nessuno, quindi, vederlo recitare alcuni anni dopo in un episodio dell’ispettore Coliandro in cui interpretava il proprietario di una palestra di pugilato.
Sul ring, Francesco Damiani ha avuto una carriera straordinaria: da dilettante ha vinto la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Los Angeles (USA) nel 1984 nella categoria dei pesi supermassimi. Dal 1985 al 1993 ha combattuto 32 volte da professionista con un record di 30 vittorie (24 prima del limite) e 2 sconfitte. Nella categoria dei pesi massimi ha conquistato i titoli di campione d’Europa, campione internazionale WBC (World Boxing Council) e campione del mondo WBO (World Boxing Organization).
Il 6 maggio 1989, a Siracusa, ha steso con un gancio sinistro alla mascella il sudafricano Johnny DuPlooy conquistando la vacante cintura WBO. Ha difeso il titolo contro l’argentino Daniel Neto (per knock out tecnico alla seconda ripresa il 16 dicembre 1989 a Cesena) prima di perderlo contro l’americano Ray Mercer (per KO al nono round l’11 gennaio 1991 ad Atlantic City in New Jersey, USA). In seguito, è stato uno degli allenatori della nazionale italiana di pugilato che alle Olimpiadi di Pechino nel 2008 ha superato le attese conquistando la medaglia d’oro con Roberto Cammarelle (nei pesi supermassimi) e la medaglia d’argento con Clemente Russo (nei pesi massimi). Oggi Francesco Damiani allena la nazionale Youth (una categoria giovanile) della Federazione Pugilistica Italiana.
Francesco, quali sono i tuoi vini preferiti?
“Sono nato a Bagnacavallo, in provincia di Ravenna, e ci vivo tuttora, quindi prediligo i vini della mia zona, in particolare il Sangiovese. Mi piace anche il Lambrusco, ma la mia predilezione va al Sangiovese. Tra i vini bianchi mi piacciono il Trebbiano e il Prosecco, anche se quest’ultimo non è della mia regione. In ogni caso bevo sempre con moderazione. Sono stato un atleta professionista per tanti anni e ho imparato a non esagerare con gli alcolici”.
Quando eri campione del mondo dei pesi massimi WBO, le cinture WBC/WBA/IBF appartenevano a Mile Tyson. Per quale motivo non è stato mai organizzato un combattimento per avere un solo campione del mondo?
“Ho fatto molte volte questa domanda al mio manager Umberto Branchini e lui mi ha dato sempre la stessa risposta: ‘Faremo il match solo se ci offriranno una borsa adeguata’. Le offerte che Umberto aveva ricevuto dagli americani erano di parecchio inferiori alla cifra che lui aveva chiesto. Non aveva senso accettare quelle offerte”.
Da professionista, hai combattuto 8 volte negli Stati Uniti. Ti sei trovato bene?
“Si, anche perché Umberto Branchini non discuteva solo della borsa con gli organizzatori americani, ma anche della qualità dell’albergo, del ristorante, dei trasporti e riusciva sempre ad ottenere un trattamento di alto livello. Non mi posso lamentare dei miei soggiorni negli Stati Uniti”.
Nella tua carriera di pugile, il tuo pugno più importante e più famoso è stato il gancio sinistro con cui hai spedito al tappeto Johnny DuPlooy conquistando il mondiale WBO. Ma forse… stendere l’ispettore Coliandro ti ha reso molto più popolare. Come è nata quella scena?
“Era il primo episodio della terza stagione, intitolato ‘Sempre avanti’ e andato in onda nel 2009. Mi chiamano per dirmi che in una puntata dell’ispettore Coliandro si parlerà di boxe e che i fratelli Manetti mi volevano per il ruolo del proprietario di una palestra. Accetto e mi mandano il copione. Leggo che devo stendere Coliandro con un pugno. Quando arrivo in palestra per girare la scena, mi dicono che Giampaolo Morelli indosserà un busto protettivo. Gli dico: ‘Non ti serve il busto protettivo, stai fermo e lascia fare a me’. Giampaolo si è fidato di me, abbiamo girato la scena, è risultata realistica e lui non si è fatto niente. Abbiamo impiegato solo mezza giornata per girare quella scena”.
Tra poco ci sono le Olimpiadi a Parigi: quali pugili italiani hanno concrete possibilità di vincere la medaglia d’oro?
“Il peso massimo campano Aziz Abbes Mouhidine e fra le donne Irma Testa che ha vinto il titolo mondiale l’anno scorso. Detto questo, non si deve mai dare nulla per scontato. Durante un torneo come quello olimpico tanti fattori entrano in gioco e determinano il risultato finale. In ogni caso, Aziz ed Irma hanno tutte le qualità per diventare campioni olimpici”.
Irma Testa è molto mediatica e per questo viene criticata. Tu sei sempre stato molto mediatico. Ai giovani pugili come consigli di comportarsi?
“Se un giornalista ti rivolge una domanda è bene rispondere, se non altro per una questione di educazione… Non vedo cosa ci sia di negativo: essere presente sui media fa parte del lavoro di un atleta. In tutti gli sport si fa la conferenza stampa prima dell’evento. In tutti gli sport, subito dopo la fine della competizione, gli atleti vanno alla postazione della rete televisiva che trasmette l’evento e si fanno intervistare. Se poi si trovano sbocchi anche non direttamente attinenti la professione, non c’è niente di male nel diventare personaggi”.
Luca D.F.
Giornalista poliedrico ma specializzato in sport e spettacolo, collabora con quotidiani, periodici e riviste online vantando una lunga milizia radiotelevisiva. Ha scritto per Corriere della Sera, Il Giornale, Controcampo, Men’s Health Italia, Guerin Sportivo, Jack e Progress.