La presidente della UK Sommelier Association: “L’hospitality vive una crisi senza precedenti, la figura del sommelier è tra le prime a essere tagliata. Un errore che costa caro ai ristoranti”
di Nello Gatti
Il mercato del vino e dell’hospitality nel Regno Unito sta attraversando una fase di profonde trasformazioni, segnate tanto da sfide economiche quanto da nuovi orientamenti nella domanda e nei consumi. L’UK, infatti, si trova a fronteggiare un incremento dei costi (dalla produzione al trasporto) che ha inevitabilmente impattato sui prezzi del vino, mentre continua il lavoro di posizionamento per inserire la gamma di vini Made in UK su una fascia premium. Ma l’altro aspetto da non sottovalutare è il ruolo fondamentale della comunità italiana, radicata nel settore e da sempre fucina di innovazione e spirito imprenditoriale. È in questo contesto che abbiamo avuto il piacere di parlare con Federica Zanghirella, Vice Presidente presso la UK Sommelier Association, pochi giorni dopo l’evento Gold Awards che ha premiato diverse personalità legate al vino e alla ristorazione, dove non sono mancati vincitori di origine italiana. Ma prima di passare ai premi, parliamo dello scenario attuale.
Federica, quanto stanno cambiando i consumi di vino nel Regno Unito, soprattutto in seguito alla Brexit?
Il cambiamento è principalmente economico. Il vino è diventato sempre più costoso, non solo per via delle tasse, ma anche per l’aumento dei costi di trasporto e delle nuove regolazioni post-Brexit. I ristoranti, che già stanno affrontando una crisi su più fronti, hanno aumentato il mark-up sul vino, arrivando a venderlo a prezzi esorbitanti: fino a 8-10 volte il costo originario. Questo ha fatto sì che il consumo di vino stia diventando sempre più elitario. La gente che continuava a frequentare ristoranti del segmento casual dining ora si sta orientando altrove, il che ha ridotto di molto la portata del mercato.
E in questo scenario, come si sta evolvendo la figura del sommelier e la formazione legata a questa professione?
Nel Regno Unito siamo davvero in una situazione di stallo. La fine della freedom of movement ha avuto un impatto devastante sul settore dell’hospitality. Molti professionisti stranieri, soprattutto giovani, non possono più venire a Londra per fare esperienza, e questo ha creato una grave carenza di personale. Il sommelier, che era una figura centrale, è ormai tra i primi a essere tagliato, nonostante rappresenti una delle poche figure in grado di generare profitti per i ristoranti. La formazione ne ha risentito: i corsi sono frequentati più da appassionati che da professionisti, e il supporto da parte del governo, in termini di politiche per il lavoro, è praticamente nullo. L’unica speranza è che, prima o poi, le autorità si rendano conto della gravità della situazione e cambino le regole sui visti di lavoro, permettendo così ai giovani di tornare a lavorare nel settore.
In questo contesto, come si sta comportando il vino italiano, sia in termini di qualità che di adattamento alle nuove tendenze del mercato?
Il vino italiano ha sicuramente visto un incremento nella sua popolarità, soprattutto per la sua straordinaria qualità-prezzo, che oggi è un fattore determinante. Le persone a Londra sono sempre curiose di scoprire nuovi vini, soprattutto se provengono da territori meno conosciuti o da vitigni particolari. L’Italia ha il grande vantaggio di offrire una varietà di stili e denominazioni, ma al contempo c’è anche una grande apertura verso l’innovazione. I consumatori vogliono sperimentare e scoprire, e questo aiuta molto la diffusione del nostro vino.
E la produzione locale di vino nel Regno Unito, com’è? Sta cercando di emergere o stenta a farsi notare?
Purtroppo la situazione per i produttori locali è ancora problematica. Molti di loro non investono sufficientemente nella promozione dei loro vini, che finiscono per costare più degli Champagne. Quello che producono è di qualità, certo, ma si limitano a vendere a ristoranti e pub locali, senza una vera strategia di marketing o di espansione. Il Regno Unito sta attraversando una crisi di identità, soprattutto a causa delle conseguenze della Brexit. L’isola, che per secoli ha prosperato grazie alla sua apertura alle culture esterne e all’importazione, si trova ora a dover fare i conti con la consapevolezza di aver preso una strada sbagliata. La Brexit ha messo in crisi la sua capacità di rimanere competitiva.

Parlando di eventi, recentemente si è tenuto il prestigioso Gold Awards che ha premiato alcune delle personalità più influenti del mondo del vino e dell’hospitality. Cosa rappresenta per te questa iniziativa e cosa ti ha colpito di più?
Il Gold Awards è un evento straordinario che celebra l’eccellenza e il talento che ci sono dietro al mondo del vino e della ristorazione. È un’occasione per riconoscere chi, con passione e impegno, contribuisce a mantenere alta la qualità e la professionalità nel settore. Quest’anno, vedere premiati ristoranti come The Ritz, The Savoy e La Gavroche, e personalità come Michel Roux Jr., è stato davvero emozionante. Questi premi non solo celebrano il successo individuale, ma sottolineano l’importanza di mantenere alti standard anche in tempi difficili.
Infine, Federica, come vedi il futuro del settore? Quali sono le prospettive per il vino e l’hospitality nel Regno Unito?
Il futuro è molto incerto, ma c’è una grande speranza che, con il tempo, si possa superare questa fase difficile. Il settore dovrà evolversi, trovare nuove strategie per attrarre giovani talenti e creare una connessione ancora più forte tra il pubblico e la professione. Se riusciremo a rispondere alle sfide economiche e a reintegrare il valore del sommelier e della formazione professionale, il futuro potrà ancora essere positivo. L’innovazione giocherà un ruolo fondamentale nel guidare il mercato verso una nuova era. Le sfide non mancano, ma le opportunità restano forti e il settore è pronto a reagire, pur con un pizzico di ottimismo.


Nello Gatti
Vendemmia tardiva 1989, poliglotta, una laurea in Economia e Management tra Salerno e Vienna, una penna sempre pronta a scrivere ed un calice mezzo tra mille viaggi, soggiorni ed esperienze all’estero. Insolito blend di Lacryma Christi nato in DOCG irpina e cresciuto nella Lambrusco Valley, tutto il resto è una WINE FICTION.