Chef Gennaro e il suo sommelier Gianni raccontano la loro selezione di vini campani e internazionali, con un’attenzione particolare ai bianchi invecchiati
di Alessandra Meldolesi
C’è stato tanto vino, con straordinarie degustazioni guidate dalla trimurti dei nostri Master of Wine, nell’ultima Festa a Vico, che significativamente si è chiusa con un pranzo alla Torre del Saracino dedicato agli abbinamenti. Alcuni dei sommelier più eminenti d’Italia hanno presentato per l’occasione il pairing ideale di un piatto del loro ristorante. E coloro che hanno partecipato, giurano che si è trattato di un’esperienza rara. “Da tanto tempo sostengo che è sempre più difficile trovare nei ristoranti un’emozione legata all’abbinamento, parlando da cliente mi sento di dire che è qualcosa che si vive raramente, anche mangiando e bevendo benissimo”, racconta Gennaro Esposito, chef campano che non ha bisogno di presentazioni. “Su questa riflessione è nata l’idea di imbastire un evento all’interno della Festa, per celebrare questa arte raffinata. Ci siamo messi al lavoro chiamando grandi professionisti e ne è uscita fuori una bellissima esperienza, molto sartoriale”.
Con lui c’era Gianni Piezzo, sommelier della Torre del Saracino dal lontano 2001. “Quando sono arrivato, inizialmente ho affiancato un altro sommelier, poi dopo cinque anni mi sono preso la briga di gestire la cantina. Oggi abbiamo una carta dei vini da circa 1300 referenze, che affianca le bottiglie già confermate a piccole chicche, frutto di tanta ricerca. C’è tantissima Campania, ma anche zone vitivinicole del nuovo mondo dal terroir peculiare”.
Esposito: All’inizio la Torre del Saracino era un po’ one-man band, facevo praticamente tutto io, comprando i vini che mi piacevano di più. Poi a un certo punto ho capito che la carta doveva essere composta da chi i vini li serviva e li abbinava, mantenendo il filo della coerenza con i luoghi e la cucina, ma con una visione sempre più curiosa, a 360 gradi, sulle novità nel mondo. Quindi abbiamo intrapreso una ricerca incessante, al cui dinamismo la carta deve il suo successo. Presto abbiamo capito che soprattutto sui bianchi con qualche anno sulle spalle, erano possibili esperienze interessanti e abbiamo approfondito questo tema, regalando emozioni con bottiglie apparentemente semplici del territorio. Per esempio un vecchio Kratos dai sentori quasi alsaziani, che però è locale e pure abbordabile. Il frutto di questo ragionamento sono le verticali di greco, fiano, biancolella, coda di volpe, falanghina, ma anche verdicchio, timorasso, cerasuolo, trebbiano, friulano.
Piezzo: Quando procediamo all’abbinamento, assaggiamo i piatti e cerchiamo di capire i possibili pairing, che non sono scritti, ma variano secondo il cliente. Un vino può essere versatile a tutto pasto, ma tecnicamente ogni piatto dovrebbe avere il suo calice. Anche due sullo stesso tavolo, quando si tratta di accontentare il gusto personale. Io faccio le mie proposte, per i clienti internazionali spesso vini campani, oppure opzioni internazionali. Ci confrontiamo e vediamo. Siccome sul mercato andavano i vini giovani, negli anni abbiamo messo da parte vecchie annate e pian piano la gente ha capito che è un altro modo di bere.
Esposito: Sono 33 anni che abbiamo questo ristorante e ricordo che nei primi anni la gente a marzo già chiedeva l’annata nuova, era un disastro. A volte non riuscivi a vendere bottiglie meravigliose. Si pensava che la freschezza, e non l’evoluzione, fosse migliorativa dell’esperienza al bicchiere. Noi invece ostinatamente abbiamo fatto assaggiare i vini alla gente senza dire che cosa fossero, i clienti si sono fidati e hanno capito. È un peccato, quasi un crimine bere un vino che non è pronto. Al ristorante Gianni riesce più di noi a cucire un vestito su misura del cliente, noi in cucina pensiamo a piatti che sono già finiti e non sono mai concepiti sul bicchiere. Questo perché sono convinto che entrambe le professionalità debbano avere la massima libertà di espressione. Per il resto mi piace bere, ma di solito capita in momenti lontani dal lavoro, quindi non abbiamo tante occasioni.
Piezzo: Però quando stappo qualche bottiglia âgé, magari ne porto un calice in cucina, senza svelare niente. Dico: “assaggia” e vado via.
Alessandra Meldolesi
Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent’anni.