Il campione d’Europa di pugilato e scrittore si confessa e parla di sport, comunicazione, vino, alimentazione e della straordinaria esperienza a Yokohama, quando sfidò il campione del mondo Ryota Murata
di Luca D.F.
Impegnato nella promozione del libro “Dentro e fuori dal ring. Non conto le vittorie, ma le sconfitte che ho vinto”, l’ex campione d’Europa dei pesi medi di pugilato Emanuele Blandamura parla di
“Dentro e fuori dal ring” è il libro scritto dall’ex campione d’Europa dei pesi medi di pugilato Emanuele “Sioux” Blandamura in collaborazione con il Prof. Antonino Mancuso. Il libro, pubblicato per Edizioni Lab Dfg, è stato presentato lo scorso 15 luglio alla Sala Protomoteca dei Musei Capitolini in Campidoglio alla presenza di numerose personalità come la Vice Presidente del Coni Silvia Salis.
Pugile professionista dal 2007 al 2019, Emanuele Blandamura ha sostenuto 33 incontri con un record di 29 vittorie e 4 sconfitte, diventando campione d’Europa dei pesi medi, per poi sfidare il campione del mondo dei pesi medi WBA Ryota Murata in un memorabile evento svoltosi il 15 aprile 2018 all’arena di Yokohama (17mila posti), purtroppo conclusasi per lui con la vittoria di Murata per knock out tecnico all’ottava ripresa. Tuttavia, un italiano che combatte per il mondiale in una manifestazione di altissimo livello di fronte ad una folla oceanica è un evento raro, negli ultimi anni, solo Carmine Tommasone ha avuto la stessa possibilità quando ha sfidato il campione del mondo dei pesi piuma WBO Oscar Valdez al The Ford Center (12mila posti) a Frisco, in Texas, il 2 febbraio 2019. Anche in questo caso vinse Valdez, sempre all’ottava ripresa, ma di Tommasone scrissero tutti i quotidiani online del mondo perché alla fine del match si inginocchiò e diede l’anello alla fidanzata chiedendole di sposarlo e lei accettò.
In Italia, l’ultimo evento pugilistico ad aver attratto una gran folla risale al 29 luglio 2000 quando Giovanni Parisi ha affrontato il campione del mondo dei pesi welter WBO Daniel Santos allo stadio Granillo di Reggio Calabria di fronte a 15mila persone. Vinse Santos in quattro riprese. Una riunione di pugilato, in Italia, in uno stadio di calcio? Impensabile ai giorni nostri.
Ma tornando a Blandamura, cinque anni dopo il ritiro, Emanuele ha ancora un’ottima forma fisica e ogni tanto si concede un bicchiere di buon vino. Dopo aver appeso i guantoni al chiodo la sua popolarità è aumentata grazie ad un sapiente uso dei social network, alla sua presenza ad eventi pubblici seguiti dai media, alle numerose interviste che concede, alle presentazioni del libro che ha scritto e alle partecipazioni televisive in programmi come Unomattina.
Emanuele, qual è il tuo vino preferito?
“Mi piacciono i vini rossi forti, dal carattere deciso come il Cannonau, il Barolo e il Nero d’Avola. Fra i vini bianchi prediligo il Vermentino di Sardegna. Un bicchiere di vino durante i pasti l’ho sempre bevuto, l’importante è non eccedere. Dopo il ritiro dall’agonismo la mia alimentazione non è cambiata: mangio di tutto senza esagerare. All’inizio della mia carriera non avevo un nutrizionista, mi regolavo in base al buon senso, ma quando ho avuto l’opportunità di combattere per titoli prestigiosi mi sono rivolto ad un professionista. Ho imparato che è necessario essere sempre vicino al peso forma perché perdere molti chili in poco tempo, il cosiddetto ‘taglio del peso, non solo non serve a niente ma può risultare dannoso per la salute”.
A proposito di opportunità importanti: come si è concretizzata quella per il titolo mondiale dei pesi medi?
“Il mio manager Christian Cherchi ha sempre saputo che se avessi avuto l’opportunità di combattere per il titolo mondiale l’avrei presa al volo ed ha parlato con la società giapponese che aveva sotto contratto il campione del mondo dei pesi medi Ryota Murata. Dal punto di vista sportivo il combattimento aveva un senso perché ero il campione d’Europa dei pesi medi: avevo vinto il vacante titolo battendo Matteo Signani e lo avevo difeso vittoriosamente contro Alessandro Goddi. Dalla vittoria contro Signani era passato più di un anno e quindi ero un campione conosciuto anche al di fuori dell’Europa. Era il gennaio del 2018 ed avevo vinto il titolo il 3 dicembre 2016 al palasport di Colleferro. Christian mi ha telefonato ed io ho accettato subito l’offerta di disputare il mondiale ed ho abbandonato il titolo europeo. Ho avuto 3 mesi per allenarmi, ho dato il massimo sia in allenamento che sul ring e pur avendo perso non ho rimpianti. Tutto l’evento è stato straordinario: arrivato all’aeroporto giapponese, mi sono venuti incontro decine di giornalisti che mi hanno fatto domande di ogni tipo. Uno di loro mi ha chiesto se pensavo di vincere. E che risposta si aspettava? Che pensavo di perdere? La sera del combattimento la Yokohama Arena era piena e la capienza era di 17mila posti. In definitiva, mi sono reso conto che ero parte di un grande evento sportivo. Molti pugili sognano di sfondare in America, posso dire che io ho vissuto il sogno americano… in Giappone”.
Perché quando combattevi non eri attento alla comunicazione come lo sei oggi?
“Perché ero totalmente concentrato sull’attività agonistica e non avevo capito quanto fosse importante comunicare con il grande pubblico. Oggi tutti usano i social network e molto spesso comunicano messaggi sbagliati. Essendo stato campione d’Europa ho la credibilità necessaria per essere ascoltato quando parlo di argomenti che riguardano lo sport professionistico ma che possono risultare utili anche nella vita quotidiana. Per questo motivo mi chiamano anche per parlare in aziende di tutti i tipi. I social sono un mezzo molto utile per comunicare, anche se molti li scambiano per il fine. Pensano “sono sui social, ho raggiunto il mio obiettivo”, invece la realtà è l’esatto contrario, prima raggiungi un obiettivo, poi utilizzi i social per comunicare quel che pensi. A proposito, il pugilato sembra uno sport individuale ma in realtà è importantissimo avere una squadra di professionisti che svolgono il loro lavoro nel migliore dei modi, come il maestro Eugenio Agnuzzi, che mi ha seguito nella fase più importante della mia carriera e la famiglia Cherchi che ha lavorato per farmi avere l’opportunità di combattere per il titolo europeo e poi per il mondiale”.
Hai combattuto anche in Inghilterra e in Germania, a quale match sei particolarmente affezionato?
“A quello in cui ho battuto Matteo Signani per il vacante titolo europeo dei pesi medi. Sono venuti a vedermi anche i miei genitori che erano separati ed avevano ciascuno un nuovo compagno. Ho dedicato la vittoria a mio nonno, che è scomparso nel 2014, a cui ero molto affezionato. Tra l’altro avevo affrontato Matteo Signani da dilettante ai campionati italiani assoluti. Vinse lui e quella sconfitta mi ha pesato molto”.
A parte promuovere il tuo libro, di cosa ti occupi in questo momento?
“Collaboro con la Federazione Pugilistica Italiana e con aziende private che richiedono la mia consulenza in qualità di mental coach. Inoltre sto lavorando alla messa in onda su una piattaforma online del documentario sulla mia carriera: si intitola Sioux, il regista è Riccardo Rabacchi e lo abbiamo realizzato nel 2019. Poi c’è stata la pandemia e il documentario è rimasto nel proverbiale cassetto. Conto di annunciare a breve la data della messa in onda”.
Progetti futuri?
“Sto collaborando con l’artista Feuei Tola alla realizzazione di un evento in cui presenterò il mio libro e lei presenterà le sue opere, tra cui un’opera ispirata a me. Tengo molto a questo progetto per unire lo sport e l’arte e fare conoscere entrambi ad un pubblico sempre più vasto”.
Luca D.F.
Giornalista poliedrico ma specializzato in sport e spettacolo, collabora con quotidiani, periodici e riviste online vantando una lunga milizia radiotelevisiva. Ha scritto per Corriere della Sera, Il Giornale, Controcampo, Men’s Health Italia, Guerin Sportivo, Jack e Progress.