Meno pizze fritte e più clean eating: così la cucina partenopea dimostra la sua capacità di adattarsi alle nuove tendenze
di Titti Casiello
I consumi fuori casa continuano a crescere. Con un più 7% rispetto al 2019 la conferma arriva con il rapporto ristorazione 2024 della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe).
Così davanti a un’inflazione galoppante si decide di uscire comunque, ma si sceglie meglio dove, quando e come mangiare. E se in salita sono colazioni e pranzi, a soffrire di più per le cene sono, però, le pizzerie e gli street food.
Meno fritti e più insalatone secondo i dati presentati da Nomisma in occasione di Rivoluzione Bio 2023 che mostra un ruolo crescente delle sane abitudini degli italiani con un +18% delle famiglie che sceglie di mangiare “bene” anche quando è fuori casa.
Dati che vengono, poi, raccontati ancora meglio attraverso lo specchio social delle nostre vite, con l’hastag food porn che perde colpi a suon di #healthyfood, arrivato ad oltre 125 milioni di post. Così il sottobosco di hamburger ricoperti da una coltre spessa di cheddar, di patatine fritte affogate nelle salse e di oli grondanti sulle pizze fritte perde punti in una galleria Instagram che si colora di green e di piatti decisamente più sobri e salutisti.
Dal junk all’healthy è stato, allora, un attimo e quest’ inversione di tendenza sembra mettere a dura prova il centro storico del capoluogo campano, vestitosi di tutto punto, nel giro di un triennio (dal 2019 al 2022), di sole pizzetterie e friggitorie da asporto.
Solo a dicembre 2022, delle oltre 8020 attività di ristorazione presenti sull’intero centro urbano, il Comune di Napoli ne aveva registrate ben 1555 nella sola area del centro storico e di queste oltre 400 nel centro antico e 108 nei quartieri spagnoli.
Numeri che equivalgono cioè a passeggiare tra i vicoli della città tenendosi per mano tra una pizza fritta da un lato e un tramezzino dall’altro.
Eppure, se i dati sono veri per tutti, la tendenza healthy non esime neppure Napoli che allora decide di reinventarsi ancora una volta, per evitare un corto circuito tra street food che perdono lustro e tendenze “clean eating” che spopolano anche tra le orde di turisti, sempre più alla ricerca di piatti e preparazioni a base di ingredienti freschi e biologici.
Un mondo veggie , insomma che sembra insorgere anche a Napoli che con quell’arte di arrangiarsi, tipica della città, viene incontro alla neonate tendenze e così a fronte dello stop alle nuove licenze, che non consentiranno fino al 2025 l’apertura di nuove attività recettive, le porte della ristorazione iniziano comunque a cambiare lasciando spazio anche a un manipolo di nuove leve (altrettanto sane) che non disponendo di serrande fisiche sostituiscono i loro orari di lavori tra storie e post del mondo social con comande inoltrate direttamente in direct.
@Piattofortelunchbox è, ad esempio, il progetto sostenibile di due amiche amanti di cucina sana, golosa e consapevole, con minestroni di farro, orzo e verdure preparati freschi ogni giorno e consegnati direttamente a domicilio, l’healthy, invece, proposto da @veganissimo_napoletano arriva con il suo “box della felicità” fatto di sfogliate vegan ricce e frolle mentre per una spesa fatta di pani bio, conserve e frutta e verdura a km0 ci si ferma a “L’orto va in città” piccola bottega in via S. Chiara tutta dedicata all’agricoltura naturale.
Per il no alcol ci si affida invece alle fermentazioni della napoletana Candida Bevilacqua, in arte @wildferment con il suo dissetante Kefir selvatico, mentre sono a base di mela, melograno, Hibiscus e limone, lavanda, elicriso o fiori selvatici il Kombucha made in Campania dell’@aziendaagricolailrivo. Tutte acquistabili tramite i loro profili social o tra le mensole de L’orto va in città.
La napoletanissima pasta e patate o il pomodoro del piennolo, già vegan di per sé, resistono da sempre, invece, nelle preparazioni di @kuokomercante con il suo drugstore in Via Costantinopoli o a Spaccanapoli nei menù giornalieri di Upnea – Salumeria Mediterranea, ma sanno trovare, anche nuove interpretazioni “come cibo privo di sofferenza animale” nelle preparazioni di @Seelamangia, srilankese trapiantata in Campania che organizza cene vegane in casa per portare avanti il suo messaggio.
Insomma, è una sorta di piccolo trasferimento culturale, dai negozi fisici passando a quelli virtuali, al quale si sta assistendo nelle strade del centro storico cittadino, semplificando, destrutturando per arrivare ad esaltare le sole materie prime. Questa l’ottica dell’healty food e che in buona sostanza, poi, significa ritornare di nuovo alle origini della cucina partenopea. Lo sa bene CU.QU. / cucinadiquartiere a Vicoletto Berio con la sua lavagna che segna piatti diversi costruiti quotidianamente a seconda della reperibilità degli ingredienti, ma lo sa pure il 100% ecologico e biologico Bio.it tra friarielli, funghi arrostiti e polpette tutte preparate nel rispetto del food cost e della sostenibilità.
La “nouvelle veggie” della cucina healthy partenopea inizia allora a prendere forma e a soddisfare le nuove richieste del mercato, mostrando di saper convivere con quei ristoranti “sani per tradizione” capisaldi dell’healthy molto prima delle mode, con la pasta e patate della Trattoria Nanni, gli spaghetti con la cicoria della Taverna dell’arte sulle Rampe di San Giovanni Maggiore o la zuppa di fagioli e scarole dell’Antica Trattoria del Nilo, locali che resistono tanto al junk che all’healthy food.