A Villa Aretusi lo chef Alessandro Panichi, il maître Giuseppe Sportelli e il sommelier Nicola Castellano, trio d’attacco che offre un’esperienza gastronomica radicata nella tradizione e fondata sugli abbinamenti
di Alessandra Meldolesi
I gourmet bolognesi, che patiscono ogni tipo di imbarazzo salvo quello della scelta, conoscono da tempo il ristorante “Sotto l’Arco” di Villa Aretusi, nella periferia che volge al verde. Lo frequentano, nonostante il ritardo nei riconoscimenti, grazie alla coppia di affiatati professionisti che lo anima: lo chef Alessandro Panichi, nato in Liguria e passato per gli insegnamenti di Marchesi e Paracucchi, grandi antagonisti della prima alta cucina italiana, e il maître Giuseppe Sportelli, che ora sovrintende all’intera offerta della villa, compresi eventi e trattoria, forte di una rara formazione alla lampada, che gli è valsa il titolo nazionale e il mondiale dove si è classificato quarto con dei ravioli alla burrata, coniglio e castraure. In cantina è sopraggiunto un altro pugliese, Nicola Castellano, che si è giovato dell’affiancamento per poi prendere le chiavi in mano.
Sportelli: Ho avuto la fortuna di avere maestri che facevano la lampada ed è diventata la mia passione. Qualcosa di completamente diverso dalla cucina di un ristorante, dove hai sempre la possibilità di assaggiare e di correggere; in questo caso devi aver provato, riprovato ed essere sicuro. Ci vuole stile, non puoi sporcare ed è anche pericoloso, perché flambi e se vuoi fare il fenomeno, puoi combinare danni. È successo tante volte, cosicché per un po’ hanno sostituito l’alcol col gel, ma non era la stessa cosa… Aggiungo io: quale migliore cucina a vista, ora che va tanto di moda? Dopo questi trascorsi, sono arrivato in struttura il primo settembre 2010 in veste di direttore del ristorante. Subito mi sono chiesto come organizzare il tutto, anche perché la proprietà proviene da un altro settore, le macchine automatiche per il confezionamento di cioccolatini. Conoscevo già Alessandro dal 2010, ai tempi della Pernice e la Gallina di Marco Fadiga, così l’ho chiamato. In quel periodo stava cercando di capire cosa aveva voglia di fare, pensava di lasciare l’hotel in cui lavorava a nel gennaio 2011 mi ha raggiunto.
Panichi: Ancora adesso finiamo o iniziamo qualche piatto alla lampada. Sono quelle cose che fanno parte della ristorazione e non usarle sarebbe un peccato. Indimenticabili gli spaghetti mare o allo zenzero di Paracucchi: vedere Stefano all’opera era uno spettacolo, con i suoi movimenti coreografici, che rapivano. Cosicché se un tavolo li prendeva, poi li volevano tutti.
Castellano: Anch’io me la cavo abbastanza bene, bisogna chiedere al maître. Ho avuto un grandissimo maestro, quindi per me è stato un onore. L’anno scorso ho anche partecipato al concorso nazionale per il migliore maître dell’anno.
Panichi: Io venivo da grandi esperienze, Marchesi per 8 mesi in Albereta e un anno a Parigi, Angelo Paracucchi, Filippo Chiappini Dattilo… Ma mi ero preso una pausa sabbatica in albergo. Poi ho conosciuto questo posto, la proprietà voleva fare le cose per bene e mi sono buttato. Ormai sono tredici anni.
Sportelli: Io ho seguito la cantina per 10 anni, poi 5 anni fa è arrivato Nicola. Ho portato qui quello che facevo negli altri posti, dando importanza alla tradizione e tenendo presente la cucina di Alessandro, che è più elegante che territoriale, particolarmente adatta alle bollicine. Poi ho lasciato mano libera a Nicola.
Castellano: Io venivo da esperienze di albergo. Da sommelier AIS, prendendo in mano la carta ho visto una scelta vasta di grandi vini, quindi per me era un lavoro più difficile del solito. Mi sono focalizzato sulla cucina ed è diventato un gioco bellissimo. Per migliorare una carta perfetta, ho puntato sui dettagli, assaggiando i piatti dello chef. E ho aggiunto tante etichette di piccoli produttori, anche pugliesi o del Nuovo Mondo. In tutto sono 650.
Sportelli: Per quanto riguarda l’abbinamento, i piatti sono solo di Alessandro; se ha dubbi su qualcosa che può essere finito in sala, ci interpella. Altrimenti crea in autonomia. Noi entriamo in campo in seconda battuta.
Panichi: Spesso la carta viene di getto, cosicché Giuseppe e Nicola assaggiano parti del piatto, piuttosto che la sua interezza. E il rapporto diventa ancora più scoppiettante, perché ci si mette sempre alla prova. Ma non si è mai lamentato nessuno, perché offriamo la possibilità di scegliere.
Castellano: Infatti non esiste un vero pairing. Io ho delle categorie di vini; se il cliente sceglie una degustazione da 7 portate, è quasi impossibile abbinare altrettanti calici. Poi è lui a comporre i menu e questo complica ulteriormente le cose. Io conosco i miei vini, in base alle scelte cerco di seguire, osservando le regole dell’abbinamento in salita. Succede anche che le sequenze cambino in corso d’opera, cosicché si moltiplicano gli spigoli e le curve. Spesso suggeriamo di scegliere una bottiglia di bollicine a tutto pasto, altrimenti ci ingegniamo. Ma per me la priorità resta sempre la cucina.
Sportelli: Io non sempre ci sono, ma con Nicola prima e dopo il servizio ci confrontiamo volentieri. Poi secondo me ognuno deve bere quello che gli piace.
Alessandra Meldolesi
Nata a Perugia, Alessandra Meldolesi dopo gli studi e uno stage alla Comunità Europea ha scelto la cucina, diplomandosi alla scuola Lenôtre di Parigi e lavorando brevemente come cuoca presso ristoranti stellati. È sommelier, autrice di numerosi libri, traduttrice e giornalista specializzata da oltre vent’anni.