Sostenibilità e sicurezza di questi alimenti sono incerte o addirittura utopiche. Uno studio rivela che siamo ancora allo stato brado per quanto riguarda le indagini e le ricerche della comunità scientifica
di Paolo Caruso
Una recentissima ricerca scientifica pubblicata su Nature, dal titolo “An analysis of emerging food safety and fraud risks of novel insect proteins within complex supply chains”, realizzata da scienziati irlandesi e tailandesi, ha indagato sulla filiera degli insetti commestibili che finiscono sul mercato dei paesi UE.
Si tratta del primo studio scientifico che si occupa compiutamente di questo tema: il documento offre un’ampia panoramica su molti aspetti della filiera alimentare degli insetti, come ciclo produttivo, sicurezza alimentare, analisi della sostenibilità e possibili frodi alimentari.
La comunità scientifica non ha ancora diffusamente indagato queste tematiche, prova ne sia che inserendo i termini ‘insetti’ e ‘frode’ sui motori di ricerca Web of Science e SCOPUS, sono stati ritrovati soltanto 17 articoli, ma nessuno di questi è focalizzato sulle potenziali frodi presenti in queste filiere.
La vulgata comune circa la necessità dell’introduzione del cibo a base di insetti si basa fondamentalmente su due presupposti: l’insufficienza di fonti proteiche alternative alla carne e l’insostenibilità degli allevamenti intensivi. Ma siamo così sicuri che questa nuova filiera possieda i requisiti per fare meglio? A detta degli autori la sostenibilità degli allevamenti di insetti è molto incerta, a causa delle insufficienti informazioni e dei metodi di indagine non ancora perfezionati.
Per non parlare della sicurezza alimentare di questi alimenti, che scorrendo la ricerca sembra quasi utopica. Da un punto di vista statistico il mercato del consumo di insetti è in netta ascesa, alcune agenzie calcolano che questa industria sostituirà il 5-10% del mercato globale della carne entro il 2030, da meno dell’1% nel 2020.
Attualmente il consumo di insetti interessa oltre 120 Paesi nel mondo, localizzati soprattutto in Africa ed Asia, mentre in Europa questo mercato è partito da poco, ma si calcola che, a causa della recente domanda di alimenti sostenibili e ad alto contenuto proteico, 39 milioni di cittadini UE incorporeranno gli insetti nella loro dieta entro il 2030, ovvero un aumento di oltre il 400% rispetto ai 9 milioni del 2019.
Queste previsioni di crescita esponenziale costituiscono una severissima sfida per gli organismi UE deputati alla sicurezza alimentare, riguardo i controlli sui sistemi di produzione, trasformazione e commercializzazione della materia prima.
Se infatti nei paesi asiatici la catena di approvvigionamento degli insetti commestibili è molto semplificata ed autosufficiente, al contrario l’Europa dipende per il 65% dalle importazioni dall’Asia; soltanto 12 delle 59 aziende europee di insetti producono le proprie materie prime in Europa.
Questa dipendenza apre degli scenari preoccupanti, in merito ai sistemi di produzione della filiera, con particolare riferimento ai rischi sanitari legati ai mangimi utilizzati, che possono essere fonti di significativi rischi microbici e chimici.
Una preoccupazione ancor più fondata se si considera che la legislazione dell’UE non fornisce indicazioni “specifiche per gli insetti” in merito a limiti microbiologici o chimici presenti nei substrati, per i quali si fa riferimento alle stesse linee guida sulla contaminazione dei mangimi animali, secondo la Direttiva 2002/32/CE48.
Lo studio scientifico sottolinea in modo particolare i rischi batterici legati alla presenza di Salmonella, Enterobacteriaceae, Bacillus cereus, lieviti e muffe in alcune delle specie di insetto già autorizzate per la commercializzazione in Europa.
Dubbi peraltro rimasti inevasi anche in sede di valutazione del rischio da parte dell’EFSA, che non ha posto il veto nonostante le evidenze riportate da diversi studi scientifici che sottolineavano la presenza di un elevato numero di batteri all’interno della produzione di insetti commestibili, con conseguenti preoccupazioni per la sicurezza alimentare.
Addirittura molti studi citati nella pubblicazione parlano di un aumento della carica batterica presente nel cibo a base di insetti anche dopo le fasi relative alla cottura, bollitura o tostatura. Neanche la precauzione relativa alla tecnica del digiuno adottata prima della loro macinazione sembra sortire l’effetto della riduzione della loro carica.
Senza contare che rimane confermato il pericolo allergenico nei confronti degli insetti da parte dei soggetti allergici a crostacei e acari della polvere.
Gli elevati prezzi delle farine di insetti e dei loro derivati e i ridotti controlli a cui sono sottoposti, secondo gli autori dello studio, sarebbero anche un validissimo motivo per alimentare pratiche di frode alimentare.
In media, le proteine contenute nelle farine di insetti costano circa 48,75 €/kg, un importo significativamente superiore alle altre fonti proteiche, come ad esempio la soia (22,99 €/kg) o i piselli.
I ricercatori fanno un parallelismo con quanto accaduto nel 2008 in Cina con lo scandalo della melamina in occasione del quale i latticini e il latte artificiale venivano adulterati per aumentarne il volume di azoto e di conseguenza il contenuto proteico. La melamina veniva usualmente utilizzata nella produzione di colle industriali e plastiche, mentre era vietata per utilizzi alimentari.
Il bilancio finale di quest’illecito fu di sei bambini morti e gravi problemi di salute, tra cui calcoli renali, per altri 300.000 bambini.
L’analisi di questo scandalo potrebbe essere utilizzata come modello predittivo e costituire una valida premessa per una corretta attività di controllo e repressione, soprattutto in mancanza di una legislazione specifica in tema di cibo da insetti.
Come si evince da quanto sopra, anche la scienza nutre fortissime perplessità circa l’utilizzo di insetti nella nostra dieta, peccato che i burocrati UE non abbiano avuto la stessa solerzia nella ricerca delle fonti e si siano affrettati ad autorizzare questo “cibo”, che, per quanto ci riguarda, può serenamente rimanere riposto sugli scaffali.
Paolo Caruso
Creatore del progetto di comunicazione “Foodiverso” (Instagram, LinkedIn, Facebook), Paolo Caruso è agronomo, consulente per il “Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente” dell’Università di Catania e consulente di numerose aziende agroalimentari. È considerato uno dei maggiori esperti di agrobiodiversità