L’OMS invita all’astensione totale, mentre l’Istituto Superiore di Sanità valuta il consumo a rischio. Tra allarmismi e prospettive più equilibrate, il dibattito è nella sua fase più calda
di Nello Gatti
Il consumo di alcol è una delle abitudini più diffuse e, spesso, radicate nelle culture di tutto il mondo, con tradizioni secolari che lo vedono protagonista in momenti di convivialità, celebrazione e anche rituali quotidiani. Tuttavia, a fianco di questi aspetti sociali, è sempre più evidente il legame tra consumo e salute, con numerosi studi scientifici che ne evidenziano i pericoli. La lettura dei dati sulla mortalità legata all’alcol, il suo impatto sulle diverse fasce di popolazione e i rischi connessi è una questione di grande rilevanza.
Maurizio Coppola, esperto in materia e direttore dei Servizi per le dipendenze patologiche (Serd) dell’Asl Cn1 di Cuneo, offre un’analisi sui dati più recenti, provenienti sia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che dall’Istituto Superiore di Sanità, per una riflessione che va al di là delle statistiche, interpretando le tendenze e i rischi connessi all’abuso di alcol.
La radicalità delle posizioni dell’OMS e l’aumento dei consumi a rischio
Secondo l’OMS, i numeri relativi al consumo di alcol sono preoccupanti: ogni anno sono 2,6 milioni le morti attribuibili all’alcol, che rappresentano il 4,7% di tutte le morti nel mondo. Questo dato si traduce in una media impressionante di una persona che perde la vita ogni 10 secondi per cause legate all’alcol. Di fronte a tale scenario, l’OMS ha adottato una posizione piuttosto radicale, arrivando a dichiarare che non esiste un livello di consumo di alcol che possa essere considerato privo di rischi per la salute. Di conseguenza, le sue raccomandazioni più recenti, invitano alla completa astensione dal consumo di alcol, una posizione che ha persino portato a bandire l’alcol dagli eventi organizzati dall’OMS stesso.
L’Istituto Superiore di Sanità e la complessità dei comportamenti di consumo
In Italia, la situazione appare complessa. Secondo i dati elaborati dall’Istituto Superiore di Sanità, nel 2022 oltre 36 milioni di italiani di 11 anni e più hanno consumato almeno una bevanda alcolica, con una netta prevalenza di consumatori tra gli uomini (77,4%) rispetto alle donne (57,5%). La statistica evidenzia che il 28% degli italiani si dichiara astemio, ma la maggior parte della popolazione adulta, pur non eccedendo, si trova a fare i conti con i consumi che, per alcuni, diventano rischiosi. In particolare, il 13% degli uomini e il 6,1% delle donne, ha dichiarato di aver superato abitualmente il limite di consumo, un dato che coinvolge circa 5 milioni di persone.
Il fenomeno del “binge drinking” e l’aumento tra le donne
Un altro dato significativo riguarda il fenomeno del binge drinking, ossia il consumo eccessivo di alcol in un breve lasso di tempo. In Italia, il 10,5% degli uomini e il 3,7% delle donne ha ammesso di adottare questa modalità di consumo, che può comportare seri danni alla salute. Sebbene i numeri siano diminuiti in passato, tra il 2014 e il 2022 si è registrato un aumento, soprattutto tra le donne. Questo fenomeno è un campanello d’allarme per la salute pubblica, considerando che l’abuso di alcol è strettamente correlato a patologie gravi, tra cui malattie epatiche, disturbi psichici e alcuni tipi di tumori.

L’impatto sociale: ospedali e servizi per la dipendenza
Il dato degli accessi in pronto soccorso legati a problematiche correlate all’alcol è un altro elemento da non sottovalutare: nel 2022 si sono registrati circa 40.000 accessi, con una netta prevalenza tra gli uomini. Allo stesso modo, sono oltre 46.000 i ricoveri ospedalieri attribuibili all’alcol. Tra le patologie più comuni, troviamo i disturbi mentali, le malattie dell’apparato digerente e alcune patologie cardiovascolari. Inoltre, la rete di supporto per la dipendenza da alcol è ampia: 449 servizi di alcolismo sono stati rilevati in Italia, con un’utenza che nel 2022 ha visto circa 63.000 nuovi trattamenti.
Le differenze regionali e il tipo di bevanda preferita
Un ulteriore aspetto interessante riguarda le abitudini di consumo che variano a livello regionale. Mentre il vino risulta la bevanda alcolica più consumata in tutto il Paese (44,1%), la birra e i superalcolici registrano una maggiore incidenza nelle regioni del Sud Italia. Questi comportamenti influenzano anche l’approccio terapeutico, con la presenza di pazienti maggiormente trattati per le problematiche legate alla dipendenza alcolica nelle aree del Centro-Nord.
Le conseguenze sulla salute: dall’alcolismo alle malattie epatiche
I dati sulla mortalità, infine, rivelano un quadro preoccupante. Nel 2020, sono stati registrati 1.236 decessi legati a patologie completamente attribuibili all’alcol, con un’incidenza maggiore tra gli uomini (81%) rispetto alle donne (18%). Le epatopatie alcoliche rappresentano la principale causa di morte correlata all’alcol, seguite dai disturbi psichici e comportamentali. Questi decessi sottolineano la gravità delle conseguenze a lungo termine di un consumo smodato e la necessità di interventi di sensibilizzazione, anche attraverso politiche di prevenzione.
Un approccio differente: l’Istituto Superiore di Sanità e la valutazione del consumo a rischio
A differenza dell’OMS, l’Istituto Superiore di Sanità non si concentra sull’astensione totale dall’alcol, ma sulla valutazione del consumo a rischio. Secondo l’ISS, sono considerati a rischio i minori di 18 anni (ideale sarebbe non bere affatto fino ai 25 anni), le donne e gli uomini oltre i 65 anni che bevono più di una unità alcolica al giorno, e gli uomini sotto i 65 anni che superano le due unità al giorno. Questi criteri mirano a proteggere le fasce più vulnerabili della popolazione.
In sintesi, la questione del consumo di alcol è estremamente complessa e multifattoriale, con implicazioni che spaziano dalla salute individuale alla salute pubblica. Mentre l’OMS adotta una posizione rigida sul non consumo di alcol, l’Istituto Superiore di Sanità opta per una visione più equilibrata, puntando sulla riduzione dei rischi attraverso un consumo moderato. Maurizio Coppola, con i suoi approfondimenti, ci invita a riflettere sull’importanza di un consumo consapevole, monitorato e regolato, per preservare la salute e ridurre i danni a livello sociale ed economico.
In definitiva, la chiave rimane nella consapevolezza: solo una conoscenza approfondita dei rischi legati all’alcol può guidare le scelte individuali e collettive verso comportamenti più sani e responsabili.


Nello Gatti
Vendemmia tardiva 1989, poliglotta, una laurea in Economia e Management tra Salerno e Vienna, una penna sempre pronta a scrivere ed un calice mezzo tra mille viaggi, soggiorni ed esperienze all’estero. Insolito blend di Lacryma Christi nato in DOCG irpina e cresciuto nella Lambrusco Valley, tutto il resto è una WINE FICTION.