Giovanni racconta la sua terra e le sue convinzioni: “I dealcolati? Senza anima… In Italia non hanno futuro”
di Annalucia Galeone
Giovanni Aiello è un enologo per amore, è riuscito a realizzare i propri desideri: fare il lavoro che ha sempre voluto nel luogo a lui più caro, la sua amata Puglia. Le sue etichette, rigorosamente fatte a mano, rievocano i paesaggi e i colori del territorio pugliese. In un mondo dove l’esperienza è sempre più importante, dare l’opportunità di scoprire il vino in modo autentico e coinvolgente è una strada vincente, fa crescere la cultura del vino e instaurare un rapporto duraturo con i clienti. Questo Giovanni lo sa bene, è un professionista dalle idee ben chiare e una vocazione innata per la comunicazione. Abbiamo fatto con lui una interessante e scomoda chiacchierata sul mondo del vino e le sue tendenze.
Scegli il lavoro che ami e non lavorerai un giorno. Hai studiato per diventare enologo e poi produttore. Dagli esordi a oggi come è mutato il mestiere dell’enologo e il mondo del vino?
Sì, ho scelto di inseguire un sogno che avevo fin da ragazzo: vivere immerso nel mondo del vino, e di contribuire alla creazione di qualcosa di unico e rappresentativo del mio territorio. È un sogno che, anno dopo anno, sto realizzando. Il lavoro dell’enologo, così come l’intero mondo del vino, è cambiato profondamente nel corso degli anni. Un tempo, l’enologo era principalmente il tecnico, il chimico esperto che si occupava della trasformazione dell’uva in vino, seguendo ogni fase del processo produttivo con precisione scientifica. Era un ruolo centrale, ma molto focalizzato sulla parte tecnica e produttiva. Oggi, fare l’enologo significa molto di più. La figura dell’enologo moderno si è evoluta, diventando una sorta di manager dell’azienda vitivinicola. È necessario avere una visione d’insieme che non si limiti alla cantina, ma che abbracci anche il mercato e i suoi cambiamenti. Interpretare i gusti dei consumatori, anticipare i trend e adattarsi alle nuove esigenze è diventato fondamentale. Questo significa che l’enologo non deve solo produrre vini di qualità, ma deve anche saperli raccontare e valorizzare. Infatti, viviamo in un’epoca in cui il vino non è più solo una bevanda, ma un’esperienza culturale ed emotiva e Il consumatore moderno non cerca solo un buon vino: vuole conoscere la storia dietro quella bottiglia, il territorio da cui proviene, le persone che lo hanno creato. In questo senso, l’enologo diventa ambasciatore, un narratore che deve trasmettere tutto ciò che il vino rappresenta, è un ruolo affascinante e in continua evoluzione, che richiede di non smettere mai di imparare e di adattarsi. Ma è proprio questa complessità che rende il nostro lavoro così speciale.
La comunicazione quanto è importante per una cantina e cosa occorre fare per stare al passo con le nuove generazioni? Ma soprattutto, sono i più giovani i consumatori su cui scommettere?
In un mondo dominato da una comunicazione veloce e fluida, il settore enologico non può permettersi di rimanere alla finestra. Oggi la comunicazione è fondamentale per una cantina, perché non si tratta solo di produrre un vino di qualità, ma anche di raccontarlo, di creare un legame emotivo con il consumatore. È ovvio che il successo di un’azienda vitivinicola non dipende esclusivamente da una strategia comunicativa efficace: i fattori in gioco sono molti, come la qualità del prodotto, la sostenibilità economica e la capacità di innovare. Le nuove generazioni rappresentano senza dubbio i clienti del futuro, ma, è anche vero che oggi i giovanissimi sembrano meno interessati al vino rispetto alle generazioni precedenti, non penso però che questa tendenza sia definitiva. Con il tempo, crescendo, credo che i giovani si avvicineranno al vino, anche perché alla fine, bere solo bibite gassate potrebbe stancare. Per questo motivo, è importante immaginare una comunicazione su più livelli. Da un lato, dobbiamo continuare a parlare ai consumatori più maturi, i cosiddetti “boomer”, che oggi rappresentano una fetta importante del mercato. Dall’altro, dobbiamo lavorare per attrarre i giovani, che saranno i consumatori di domani, utilizzando linguaggi e strumenti che parlino direttamente a loro.
Cosa rende un vino autentico e come lo possiamo riconoscere?
Mi verrebbe da dire che un vino è autentico quando è fatto con amore. In realtà questa risposta non è poi così lontana dalla verità. L’autenticità di un vino nasce dalla passione e dal sentimento che si mettono nel creare qualcosa che non sia solo un prodotto, ma un’espressione viva e genuina di un territorio, di uno stile e dell’identità dell’azienda che lo produce. Un vino autentico si riconosce prima di tutto dalla sua capacità di raccontare una storia. È un vino che riflette l’unicità del territorio da cui proviene, valorizzando le caratteristiche del suolo, del clima e delle varietà di uva coltivate. Ogni calice dovrebbe essere una sorta di “finestra” aperta su quella terra e su chi l’ha lavorata. Un altro aspetto fondamentale è lo stile produttivo. L’autenticità si esprime una produzione artigianale, che rispetti le tradizioni senza rinunciare alla qualità. Questo significa evitare interventi eccessivi e lasciar parlare il vino, mantenendo la sua essenza. Un vino autentico non cerca di uniformarsi a standard globali, ma punta a distinguersi per la sua personalità.
Qualche anno fa hai acquistato la struttura che ospita la tua cantina. Una volta era un ristorante molto gettonato e oggi è possibile vivere l’esperienza della degustazione all’interno di vecchie botti. Raccontaci di questa e delle altre opportunità introdotte per promuovere e valorizzare l’enoturismo.
L’enoturismo è sempre stato un sogno o, meglio, una sfida che volevo realizzare in un territorio come quello dove ho la fortuna di vivere che necessitava di ampliare i suoi orizzonti. Ho avuto la fortuna di fare esperienza diversi anni fa in paesi dove l’enoturismo è ormai parte integrante della cultura aziendale, mentre in Italia, fino a pochi anni fa, la maggior parte delle cantine erano ancora “chiuse” e poco propense ad accogliere i visitatori. Viaggiare per cantine mi ha insegnato quanto sia importante offrire qualcosa che vada oltre il semplice prodotto: un’esperienza. Quando ho acquistato la struttura che oggi ospita la mia cantina, ho capito subito che avrebbe potuto diventare molto di più di un luogo di semplice produzione. Era un’antica cantina, poi trasformata in ristorante, un posto magico, ricco di storia. Abbiamo quindi deciso di trasformarlo in un luogo dove il vino prima di essere degustato va vissuto. Una delle esperienze più particolari che offriamo è la possibilità di degustare i nostri vini all’interno di antiche botti ottocentesche. È un ambiente unico, intimo e suggestivo, che permette ai visitatori di immergersi completamente nell’atmosfera della cantina, quasi come se fossero parte della storia che ascoltano. Diamo ai nostri ospiti la possibilità di personalizzare l’etichetta a mano e portare via la bottiglia, trasformandola in un ricordo unico di quell’esperienza. Le nostre degustazioni sono accompagnate da prodotti tipici del territorio, selezionati con cura da piccoli produttori che condividono la nostra stessa passione per la qualità e il rispetto per il territorio. Ma non ci fermiamo qui: ogni visita deve regalare emozioni, non essere una semplice tappa turistica. Per questo organizziamo esperienze uniche, come degustazioni al tramonto nei vigneti del Canale di Pirro, sotto l’ombra suggestiva di una quercia secolare. Oggi posso dire che l’enoturismo non è solo una parte della nostra attività, ma un vero e proprio motore per promuovere e valorizzare il territorio e la nostra identità.
Con l’inasprimento delle pene per chi guida in stato di ebbrezza il dibattito sulle misure da adottare per arginare il calo dei consumi è sempre più animato. Qual è il tuo pensiero e ci sono provvedimenti che intendi adottare?
Credo che, almeno inizialmente, assisteremo a un calo dei consumi, dettato soprattutto dal clima di terrore creato ad hoc dalla stampa. È importante chiarire che con il nuovo Codice della Strada non sono stati modificati i limiti di alcolemia, ma soltanto le pene previste per chi li supera. Superare la soglia di 0,5 mg/L portava già alla sospensione della patente anche prima di queste modifiche. Sia chiaro, trovo assolutamente giusto e doveroso evitare che ci si metta alla guida in stato di ebbrezza: la sicurezza stradale deve essere una priorità, però non dobbiamo demonizzare il consumo responsabile di vino, specialmente se parliamo di un paio di calici durante un pranzo o una cena. Il vino è parte della nostra cultura, della nostra tradizione e della convivialità italiana, ed è fondamentale trasmettere il messaggio che si può bere in modo moderato senza rischi sulla patente. Il vero problema, però, non sta nei limiti o nelle pene, ma nella carenza di servizi, soprattutto nei paesi di provincia. Se una persona si trova fuori a cena in un piccolo paese, quali alternative ha per tornare a casa in sicurezza? In molte realtà non ci sono mezzi pubblici funzionanti di sera, né un servizio di taxi affidabile o economicamente accessibile. Questo è il vero ostacolo che dobbiamo affrontare.
La Puglia è anche una terra di bianchi e metodo classico. Nel Canale di Pirro, alle pendici della Valle d’Itria stai facendo un gran lavoro di recupero di vigne e vigneti antichi per la produzione di vini bianchi, a base di Verdeca, Maruggio e Maresco. Quando parli di vini bianchi e spumanti made in Puglia qual è la reazione del pubblico?
La Valle d’Itria e la microarea del Canale di Pirro sono territori straordinari per l’espressività di alcuni vitigni a bacca bianca autoctoni, coltivati su queste colline da tempi immemorabili. Si tratta di varietà che, pur essendo riconosciute da sempre per le loro caratteristiche uniche, a volte non hanno ricevuto l’attenzione e il rispetto che meritano. Personalmente, non credo di aver fatto nulla di straordinario, se non credere profondamente nel potenziale della mia terra. Verdeca, Maruggio e Maresco, per esempio, sono varietà che possiedono una personalità inconfondibile e che, coltivate nel microclima unico della Valle d’Itria, possono dare vita a vini bianchi e spumanti di grande eleganza e freschezza e mineralità. Quando parlo di vini bianchi e spumanti made in Puglia, soprattutto al di fuori del contesto regionale, spesso noto un certo scetticismo iniziale ma, una volta che le persone assaggiano questi vini, si verifica quasi sempre un piacevole effetto sorpresa. L’espressione che sento più frequentemente è: “Non avrei mai detto fosse pugliese!” La chiave, quindi, è continuare a investire nella qualità e nella comunicazione, per far conoscere al mondo una Puglia diversa, che non smette mai di sorprendere. Questo è il fascino del vino: può rompere gli schemi e cambiare le percezioni, un calice alla volta.
IL vino dealcolato, gioie e dolori di un nuovo prodotto acchiappa bevitori. È un trend passeggero o una nuova nicchia di mercato?
Credo che il vino dealcolato, soprattutto in paesi con una tradizione vinicola millenaria come l’Italia, rimarrà una nicchia di mercato. È difficile immaginare che i consumatori appassionati possano apprezzare un prodotto industriale, lontano da ciò che il vino rappresenta: passione, autenticità e territorio. È certo che troverà spazio in mercati dove l’alcol è vietato o in contesti con una cultura enologica meno radicata, offrendo un’alternativa per chi cerca il fascino del vino senza gli effetti dell’alcol. Nei paesi con una forte cultura del vino, però, sarà complicato per un prodotto così distante dalla tradizione farsi strada. Anche se definito legalmente “vino”, il dealcolato resta un prodotto industriale che manca dell’anima che i veri appassionati ricercano: emozioni, storie e identità. Quindi, si, il vino dealcolato potrebbe svilupparsi in contesti specifici, ma senza intaccare la centralità del vino tradizionale in paesi come l’Italia, dove continuiamo a preferire prodotti autentici e ricchi di storia.
Annalucia Galeone
Pugliese doc, golosa per natura, ama viaggiare, assaggiare e curiosare per conoscere nuovi territori, prodotti e produttori da raccontare. Giornalista, formatore, sommelier del vino e dell’olio, fa parte dell’Associazione delle Donne del vino.